Per i contributi in conto impianti, destino tributario collegato al bene per cui sono stati concessi. Il trattamento delle somme che le aziende agrituristiche incassano dalle Regioni per il recupero del patrimonio edilizio rurale è connesso agli ammortamenti o, comunque, alle vicende che determinano la rilevanza fiscale del costo del cespite.

È il chiarimento della risoluzione n. 2/E del 22 gennaio, con cui l'Agenzia delle Entrate fornisce una consulenza giuridica alle associazioni di categoria del settore agricolo, interessate a capire se, dal punto di vista fiscale, i finanziamenti regionali per gli agriturismi possano essere considerati contributi in conto impianti anche quando le norme li definiscono contributi in conto capitale.

Una differenza non da poco, se si pensa che questi ultimi comportano un generico potenziamento della struttura patrimoniale dell'impresa e sono tassabili nel momento in cui entrano nella disponibilità del beneficiario.
Al contrario, gli aiuti in conto impianti, da cui non derivano né sopravvenienze attive né ricavi, comportano una diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del bene che sono serviti ad acquisire. Di conseguenza, per il Fisco non hanno una rilevanza autonoma, ma vanno suddivisi tenendo conto della vita utile del bene cui si riferiscono.
Un obiettivo che può essere raggiunto seguendo due strade contabili alternative: usando il contributo per una riduzione diretta del cespite oppure imputandolo gradualmente al conto economico nella stessa misura usata per ammortare il cespite agevolato. In entrambi i casi, l'imputabilità dell'agevolazione a fattori di produzione riutilizzabili nel tempo fa sì che l'obbligo tributario non coincida con l'incasso del contributo, ma sia diluito in più periodi d'imposta.

La distinzione tra contributi in conto capitale e in conto impianti non trova sempre riscontro, almeno stando alle dichiarazioni delle associazioni che si sono rivolte all'Agenzia, nella normativa regionale. In particolare, l'espressione "contributi in conto capitale" sarebbe utilizzata in senso atecnico, senza tener conto delle caratteristiche intrinseche e delle finalità delle varie categorie di sussidi.
Concordando con questa visione, i tecnici delle Entrate qualificano come contributi in conto impianti quelli erogati per acquisire o realizzare i beni strumentali ammortizzabili cui sono parametrati.

A differenza del contributo in conto capitale, infatti, quello in conto impianti non comporta un aumento generalizzato delle risorse del beneficiario, ma dipende dall'acquisizione o dalla realizzazione delle immobilizzazioni (beni destinati a essere usati dall'impresa per un lungo periodo di tempo) previste dalla legge di concessione.
È il caso, appunto, dei finanziamenti concessi dalle Regioni agli agriturismi, che sono usati, pena la revoca, per ristrutturare i fabbricati rurali e per comprare macchine, attrezzature, impianti e arredi necessari per svolgere l'attività agrituristica.

Analogamente, l'Agenzia delle Entrate aveva già ricondotto nella categoria dei contributi in conto impianti i crediti d'imposta riconosciuti all'imprenditore - ex articolo 8, legge 388/2000 ("Visco sud") - non solo per l'acquisto di beni ma anche per la loro realizzazione in appalto o in economia o, ancora, per il completamento di opere sospese o per l'ampliamento, riattivazione o ammodernamento di impianti già esistenti. E nella stessa definizione rientrano anche le agevolazioni previste dall'articolo 4 della legge 382/2001 ("Tremonti-bis"), che incentivano l'acquisto di fabbricati nuovi e la loro costruzione in economia, considerando nuovi anche gli immobili che subiscono trasformazioni così radicali da costare più del prezzo originariamente pagato per l'acquisto.


Fonte: Agenzia Entrate

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