L'Iva come strumento per ridimensionare gli studi di settore, attraverso la giurisprudenza comunitaria. L'Associazione italiana dottori commercialisti (Adc) di Milano ha deliberato di predisporre di un dossier da inviare alla Commissione europea, per ottenere,utilizzando la leva della giurisdizione comunitaria, una modifica della valenza di questo strumento di accertamento presuntivo. Il fine è quello di minarne la valenza successivamente anche in sede di imposte dirette.
Il presidente della commissione Adc per l'esame della compatibilità comunitaria delle norme e prassi fiscali italiane, Joseph Holzmiller ritiene fondatamente che la giurisprudenza Ue “è costante nel ritenere che è vietata la presunzione di maggiori ricavi fondata su elementi di carattere generale e/o statistici, e non relativi alla posizione individuale”.
Gli avvisi di accertamento da studi di settore, anche se fondano la loro valenza sul possesso di beni onerosi gestionalmente, sono - secondo l'Adc - un esempio della generalizzazione non ammessa dall'Europa per quanto riguarda i ricavi. Semplici indicatori da redditometro (per esempio, un'auto costosa o un immobile di lusso) sono utilizzati per avvalorare i risultati di Gerico, venendo meno persino la regola che governa l'uso del redditometro: scostamenti del 25% per almeno due anni consecutivi del reddito accertato in modo sintetico rispetto all'imponibile dichiarato. Inoltre il presidente ricorda che “la Cassazione, in una relazione tematica ha ricostruito l'evoluzione degli studi: superata una prima fase in cui l'amministrazione finanziaria li considerava alla stregua di presunzioni legali relative, ora gli studi vengono apprezzati come presunzioni semplici da comprovare con altri elementi anche presuntivi purché gravi, precisi e concordanti, fatta salva, comunque, la prova contraria del contribuente».
Secondo Holzmiller, per ora almeno sul piano dell'Iva, “gli studi non possono che essere considerati strumenti di uso interno dell'amministrazione per selezionare i destinatari dei controlli. Priorità diviene l'applicazione corretta dei diritti dei contribuenti, secondo una linea di interpretazione consolidata della Corte Ue la quale, prevalendo sulle contrarie norme di diritto nazionale, non può essere derogata neppure per stringenti ragioni di gettito.”

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