Con la sentenza 25486 del 3 dicembre, la Corte di cassazione è ritornata sull'argomento della responsabilità solidale del coniuge in caso di cartella di pagamento notificata alla ex moglie sui redditi dichiarati dalla coppia durante il matrimonio, affermandone la legittimità anche se le sentenze che respingono il ricorso del coniuge contro l'Amministrazione finanziaria, depositate dopo il divorzio, non le sono mai state notificate.

La Cassazione è giunta a questa interessante conclusione dopo avere ribaltato il giudicato contestato, accogliendo così il ricorso dell'Amministrazione finanziaria. La Ctr, in particolare, aveva dato ragione a una contribuente, la quale non aveva mai ricevuto la notifica delle sentenze nella causa sfavorevole all'ex marito su imposte sui redditi dichiarate durante il matrimonio.

Dopo il divorzio, la ex moglie aveva ricevuto cartelle di pagamento per Irpef relative ad alcune annualità, ritualmente impugnate di fronte alla competente Commissione tributaria provinciale. Il giudice adito aveva accolto il ricorso per quanto di ragione, proprio perché le sentenze che affermavano la legittimità delle imposte dichiarate a suo tempo insieme al marito non le erano mai state notificate, compromettendo il suo diritto di difesa.
Questa linea argomentativa è stata convalidata anche dalla Commissione regionale, nei cui confronti l'ente impositore ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in forza di un unico motivo con il quale, denunciando violazione dell'articolo 17 della legge 114/1977, concernente modificazioni alla disciplina dell'Irpef, assume che la responsabilità solidale della contribuente sussisterebbe in quanto, sin dal momento della presentazione delle dichiarazioni congiunte e per i periodi di imposta interessati dagli accertamenti, i coniugi non versavano in stato di separazione.

Il decisum
La Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate e, decidendo la causa nel merito, ha confermato la validità delle cartelle di pagamento notificate alla intimata dopo il divorzio. Ciò, considerando che le argomentazioni sostenute dalla contribuente, dapprima in sede di merito, poi nel terzo grado del giudizio, non sono apparse idonee a superare il consolidato indirizzo di legittimità in subiecta materia: ove i coniugi presentano la dichiarazione congiunta dei redditi, l'avviso di accertamento che la corregge deve essere notificato solo al marito; mentre i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento di imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito, la moglie, coniuge "codichiarante", è legittimata ad agire proponendo autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del consorte, venendo altrimenti vulnerato il suo diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione (cfr Corte costituzionale 128/2000 e 184/1989), che rimane comunque corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi a quell'accertamento (v., tra le altre, Cassazione 19896/2006, 1237172002 e 2168/2001).

Perché insorga la responsabilità solidale della moglie codichiarante, non è quindi necessario che le sia notificato l'avviso di accertamento, restando comunque inalterato il suo diritto di impugnare autonomamente - anche mediante la contestazione, ad esempio, dell'avviso di mora a lei diretto - l'atto di accertamento notificato al marito.
Di conseguenza, alla moglie può essere notificata direttamente la cartella di pagamento senza necessità di allegazione dell'accertamento, fermo restando il suo diritto di contestare in ogni suo profilo la pretesa tributaria onde evitare qualsiasi vulnus al suo diritto di difesa (Cassazione 4863/2002).

Peraltro, il fatto che l'articolo 17 della legge 114/1977, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi, esoneri l'ufficio dall'onere di notificare l'avviso di accertamento a uno dei coniugi e non preveda (in sede di notificazione alla moglie della cartella esattoriale) almeno l'obbligo di allegare all'atto ingiuntivo l'avviso di accertamento che sia stato precedentemente notificato solo al marito, non è stato ritenuto dalla Corte costituzionale in contrasto con gli articoli 1, 6 e 7 della legge 212/2000 in relazione agli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione (ordinanze 215 e 216 del 2004).
Ne consegue pertanto inequivocabilmente, ecco il novum della sentenza 25486/2009 rispetto alle precedenti pronunce di specie, che nel sistema delineato dalla legge 114/1997 non rileva, ai fini dell'insorgere della responsabilità solidale della moglie codichiarante, la notifica a quest'ultima delle sopravvenute "pronunce del giudice tributario" in ordine ai ricorsi proposti dal marito, né la sopravvenuta separazione giudiziale, né la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In tal modo, la Corte ha ritenuto priva di fondamento l'opzione interpretativa contenuta nella sentenza opposta, secondo cui la responsabilità solidale dei coniugi che abbiano presentato dichiarazione congiunta dei redditi postulerebbe la necessità (di cui, tuttavia, non c'è traccia all'interno della richiamata disposizione normativa) della previa notifica a entrambi degli atti di accertamento, sicché "la ricorrente non ha potuto opporsi alle sentenze su specificate, depositate il 20/6/2001, in quanto divorziata dal marito sin dal 1998".
Poiché nella fattispecie trattata risulta assolutamente pacifica tanto la presentazione della dichiarazione congiunta quanto la notifica dell'avviso di accertamento al marito della ricorrente, non può revocarsi in dubbio la sussistenza della di lei responsabilità solidale nel pagamento delle imposte e dei relativi accessori, proprio come previsto dal legislatore (articolo 17 della legge 114/1977).

Essendo quindi la sentenza impugnata fondata esclusivamente sulla ritenuta necessità della previa notifica anche alla moglie delle sentenze relative agli accertamenti a carico del marito (che hanno preceduto le cartelle di pagamento notificate alla moglie), la stessa si è prestata a essere colpita dalla sanzione di nullità con l'accoglimento dell'avverso gravame, stante anche il fatto che, da quanto emerge dal ricorso, dalla memoria e dalla sentenza impugnata, l'unica censura fatta valere dalla ricorrente è stata quella relativa all'omessa notifica degli avvisi di accertamento e delle susseguenti sentenze emesse a seguito loro impugnazione. Tant'è che la difesa erariale si è incentrata a sostenere che "i coniugi non versavano in stato di separazione al momento della presentazione delle dichiarazioni né al momento in cui vennero notificati gli avvisi di accertamento".

L'assunzione volontaria della responsabilità nella dichiarazione congiunta
Con la pronuncia in esame va ribadito che la Cassazione non si discosta dalla linea interpretativa enunciata ormai con costanza, la quale, facendo proprio in diverse pronunce (ad esempio, nelle sentenze 16453/2008 e 27005/2007) l'indirizzo espresso dalla Corte costituzionale (ordinanze 316/1987, 301/1988, 187/1991), sottolinea che la presentazione di una dichiarazione congiunta non costituisce un obbligo, bensì una facoltà che esprime una libera scelta che, una volta compiuta, fa sì che i coniugi assumano in toto le conseguenze stabilite dall'articolo 17 della legge 144/1977: "vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, senza riguardo alle vicende cui può andare incontro ciascuno dei coniugi (sentenze n. 8334/2000 e n. 9144/2000) o il regime patrimoniale della famiglia (sentenza n. 7393/1999) o il matrimonio stesso in caso di separazione" (sentenza 4863/2002).
E' quindi valida la considerazione che, pur essendo l'accertamento ufficioso necessariamente posteriore alla dichiarazione congiunta, il reddito cui esso si riferisce fu omesso o infedelmente indicato in occasione di tale dichiarazione, con cui entrambi i coniugi assunsero liberamente e consapevolmente, di fronte al Fisco, la responsabilità solidale. Anche la loro specifica capacità contributiva va quindi valutata con riferimento all'epoca della dichiarazione, senza possibilità di attribuire giuridica rilevanza ad avvenimenti - come, ad esempio, la separazione, il divorzio, la morte di uno dei coniugi o la cessazione dell'impresa familiare - posteriori ed estranei a quella libera scelta (cfr Corte costituzionale, sentenza 184/1989).

Giova sottolineare che, secondo la Suprema corte, la moglie, avvalendosi per libera scelta della dichiarazione congiunta, introduce volontariamente l'obbligo di solidarietà con la responsabilità tributaria del marito, per ogni tributo iscritto a ruolo a carico di quest'ultimo, ivi compresi anche i tributi afferenti proventi accertati nei confronti del marito asseritamente derivanti da reato (Cassazione, sentenza 5202/2003).
"Poiché l'obbligazione assunta volontariamente dal coniuge non è relativa ad un proprio debito, ma deriva dal vincolo di solidarietà nei confronti dell'altro coniuge, ove la contestazione del maggior reddito nei confronti di quest'ultimo venga a cadere, cade anche l'obbligazione assunta in via solidale dall'altro coniuge" (Cassazione, sentenza 22692/2007).

All'inverso, allorché i coniugi presentino dichiarazione congiunta dei redditi, e poi uno solo di essi, per la definizione agevolata della propria personale posizione, presenti istanza di condono, i cui effetti non si estendono ai redditi accertati a carico del coniuge codichiarante, il debito d'imposta di quest'ultimo permane ed è assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi i coniugi, ai sensi e agli effetti dell'ultimo comma dell'articolo 17 della legge 114/1977 (ex multis, Cassazione 12371/2002).

La normativa di settore
Per completare il discorso, si ricorda che l'articolo 17 della legge 114/1977 prevedeva, al comma 1, la facoltà dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati di presentare su un solo modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi. La disposizione è stata abrogata dall'articolo 9, comma 6, del Dpr 322/1998. A sua volta, l'articolo 7 del Dpr 435/2001 ha abrogato l'articolo 6 del Dpr 322/1998 (concernente la "dichiarazione congiunta in materia di imposte sui redditi"), la cui disciplina è stata trasfusa nel decreto ministeriale 164/1999. Va rilevato, comunque, che i coniugi hanno ancora la possibilità di presentare la dichiarazione modello 730 in forma congiunta (articolo 13, comma 4, del Dm 164/1999).
Il comma 2 dell'articolo 17 dispone invece che, ai fini della liquidazione dell'Irpef risultante dalla dichiarazione presentata a norma del comma 1, le imposte nette determinate separatamente per ciascuno dei coniugi si sommano e le ritenute e i crediti d'imposta si applicano sul loro ammontare complessivo.
Di particolare interesse il comma 3, il quale prevede che, nell'ipotesi del primo comma, la notifica della cartella dei pagamenti dell'Irpef iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti del marito, e che (comma 4) gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma del comma 3. L'ultimo comma prevede infine che i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito.

Questa norma non appare superabile là dove prevede, appunto, la responsabilità solidale del coniuge del contribuente. Né va dimenticato, del resto, che la presentazione di una dichiarazione congiunta a doppia sottoscrizione è una facoltà e non un obbligo, anche da parte di coniugi legalmente ed effettivamente conviventi.
Chi presenta la dichiarazione congiunta (e usufruisce dei vantaggi che possono essere connessi a tale forma di dichiarazione, come la sommatoria delle imposte calcolate separatamente per ciascuno dei due coniugi e l'applicazione nel loro ammontare complessivo delle ritenute e dei crediti di imposta) assume su di sé anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell'istituto.

Non va dimenticato neppure che la legge 114/1977 è di poco posteriore alla riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975) e che, in base a quest'ultima, il regime patrimoniale legale della famiglia è costituito, in mancanza di diversa convenzione, dalla comunione dei beni (articolo 159 c.c.)(Cassazione 7393/1999: la facoltà dei coniugi non legalmente separati di presentare una dichiarazione unica dei redditi non è in alcun modo legata a un determinato regime patrimoniale della famiglia e non è quindi preclusa dalla presenza del regime della separazione dei beni, conseguendone che anche la responsabilità solidale derivante dall'ultimo comma dell'articolo 17 non è esclusa dalla circostanza che il regime patrimoniale della famiglia sia quello della separazione dei beni).

Non è superfluo rilevare, inoltre, che per fruire della modalità della dichiarazione congiunta, e degli eventuali riflessi in ordine alla determinazione dell'imposta, è necessario che entrambi i coniugi rientrino tra i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Nell'ipotesi che uno o entrambi i coniugi siano esonerati da tale incombenza (possedendo solo redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo definitivo eccetera) l'eventuale dichiarazione congiunta presentata dai coniugi non esplica gli effetti sopra indicati, ma la liquidazione dovrà essere eseguita separatamente per ciascuno di essi, senza considerare l'eventuale travaso delle detrazioni, delle ritenute e dei crediti (circolare 5/1978, risoluzione 1269/1979).


Fonte: Agenzia Entrate

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