Prime istruzioni sull’obbligo di indicazione dell’origine del prodotto a marchio italiano prodotta in un altro Paese. A fornirle la circolare n. 124899 del 9 novembre 2009 del ministero per lo Sviluppo economico. Il documento di prassi prende le mosse dal nuovo articolo 4, comma 49-bis, della legge n. 350 del 24 dicembre 2003, introdotto dall’articolo 16, comma 6, del decreto legge n. 135 del 2009, che considera fallace indicazione (e stabilisce l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che varia da 10mila a 250mila euro) l’uso del marchio, da parte del titolare o di chi ha acquistato mediante contratto di licenza il diritto di sfruttarlo commercialmente, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana. La difesa del made in attraverso l’inasprimento delle misure di lotta alle contraffazioni risponde alla precisa esigenza di garantire da un lato la tracciabilità del prodotto nelle varie fasi di realizzazione e dall’altro di tutelare i vari anelli che compongono la filiera produttiva. Un intervento che accresce il numero di quelli già attuati a livello nazionale e ancor più sovranazionale da parte delle istituzioni comunitarie a sostegno del marchio di origine.

Origini e motivazioni dell’intervento legislativo
La disposizione contenuta nel nuovo articolo 4, comma 49-bis, della legge n. 350 del 24 dicembre 2003, introdotto dall’articolo 16, comma 6, del Dl 135/2009, ha abrogato quella contenuta nella legge n. 99 del 2009 che all’articolo 17 comma 4 aveva introdotto una norma dedicata specificatamente alla tutela del made in Italy. Questa norma, laddove considerava “fallace indicazione” l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell’Italia senza che fosse indicato con caratteri evidenti il Paese o il luogo di fabbricazione o produzione, ha causato una serie di difficoltà interpretative e reso problematica l’applicazione. Per questo motivo è divenuto necessario l’intervento legislativo.

Gli obblighi del titolare del marchio
La norma stabilisce anche a carico del titolare del marchio o di chi ha acquistato mediante contratto di licenza il diritto di sfruttarlo commercialmente una serie di adempimenti. In particolare: accompagnare alternativamente i prodotti e le merci da una serie di indicazioni sull’origine o la provenienza estera o comunque sufficienti a evitare che il consumatore possa incorrere in errore sulla effettiva origine del prodotto; attestare, relativamente alle informazioni che saranno rese in fase di commercializzazione, che i prodotti o le merci sono di origine estera.

L’appendice informativa
La nuova norma, rispetto alla precedente, elimina il riferimento al Paese o al luogo di fabbricazione o produzione (articolo 17 comma 4, legge 99/09) e, per garantire una corretta informazione nei riguardi del consumatore, stabilisce che il prodotto su cui è impresso il marchio possa essere accompagnato da una appendice informativa. In questo modo viene esclusa la fattispecie della “fallace indicazione”. L’appendice informativa può assumere varie forme: applicata sul prodotto o sulla confezione; cartellino o targhetta applicata al prodotto o confezione. Le diciture da utilizzare possono essere:
•prodotto fabbricato in….
•prodotto fabbricato in paesi extra Ue
•prodotto di provenienza extra Ue
•prodotto importato da Paesi extra Ue
•prodotto non fabbricato in Italia.
Se poi il titolare del marchio non fornisce, in una fase precedente alla commercializzazione, indicazioni sull’origine della merce è possibile ricorrere ad una autocertificazione in cui viene esplicitato l’impegno, in fase di commercializzazione, a fornire le informazioni ai consumatori sull’effettiva origine estera dei prodotti o delle merci.

Inapplicabilità della normativa
La normativa non trova applicazione nei riguardi di quei prodotti che già sono reperibili nei negozi e di quelli che sono stati realizzati e contrassegnati dal marchio prima dell’entrata in vigore della norma, ovvero prima del 10 novembre 2009.


Fonte: Agenzia Entrate

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