L'iscrizione a ruolo dell'Iva dichiarata e non versata non deve essere preceduta dall'invito bonario, previsto dall'articolo 60, sesto comma, del Dpr 633/1972. Questo, il telegrafico principio giuridico espresso dai giudici di piazza Cavour nella sentenza n. 20633, depositata lo scorso 25 settembre.

La vicenda processuale

Un contribuente impugnava una cartella di pagamento, relativa all'iscrizione a ruolo dell'Iva dichiarata per l'anno 1994 e non versata, ritenendola illegittima dal momento che la stessa non era stata preceduta dall'invito al pagamento di cui al citato articolo 60, sesto comma, del Dpr 633/1972.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, mentre il successivo gravame veniva accolto dai giudici di appello, con una pronuncia, come detto, poi cassata dalla Corte suprema.

La sentenza della Cassazione

L'ufficio lamentava l'erroneità della tesi dei giudici di appello, secondo cui - proprio in base alla disciplina del citato articolo 60 - la cartella di pagamento dovrebbe essere preceduta dall'emissione e dalla notificazione di un invito bonario di pagamento dei tributo, pena la sua illegittimità.

In realtà, continuava la difesa erariale, dal tenore della disposizione - che non commina l'illegittimità dell'iscrizione a ruolo nell'ipotesi di mancato invio dell'invito bonario - si evince chiaramente che l'unica funzione dell'invito, in essa menzionato, è quella di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell'omesso versamento del tributo dovuto, fermo restando l'obbligo di corresponsione integrale dello stesso e dei relativi interessi maturati.

In altri termini, il mancato invio dell'invito non rileva ai fini della legittimità dell'atto impugnato, né tantomeno sul potere dell'Amministrazione finanziaria di iscrivere direttamente a ruolo 1'Iva esposta in dichiarazione e dovuta dal contribuente e, tuttavia, non versata, con i relativi interessi.

La Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che "…in tema di IVA ed in ipotesi di mancato versamento di imposta dichiarata dallo stesso contribuente, sanzionato dalla legge con l'applicazione di una pena pecuniaria pari al cento per cento dell'importo non versato, la previsione del preventivo invito al pagamento, contenuta nell'art. 60, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633…..quale adempimento necessario e prodromico all'iscrizione a ruolo dell'imposta (che aveva quale unica funzione quella di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione di versamento), è da ritenersi implicitamente caducata, e comunque priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto dell'art. 13, primo comma, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, che riducendo la sanzione inizialmente prevista dall'art. 44 del citato d.P.R. n. 633 del 1972 (dal cento per cento al trenta per cento dell'importo non versato), ha fatto venir meno ogni interesse del contribuente ad un inadempimento dal quale nessun vantaggio egli potrebbe più trarre…".

Tale principio costituisce un orientamento oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità (al riguardo, cfr, ex multis, Cassazione, sentenze 7160/2009 e 18022/2006).

Il quadro normativo di riferimento

Il sesto comma, seconda parte, dell'articolo 60 del Dpr 633/1972, nella versione vigente, dispone che "L'ufficio, prima dell'iscrizione a ruolo, invita il contribuente a versare le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento dell'avviso, con applicazione della soprattassa pari al 60 per cento della somma non versata o versata in meno. Le somme dovute devono essere versate direttamente all'ufficio con le modalità di cui all'articolo 38, quarto comma".

Tuttavia, tale disposizione, ancorché come detto ancora vigente, costituisce una delle ipotesi di norma di fatto abrogata da successive disposizioni legislative, così come precisato dalla Cassazione nella pronuncia in commento.

Nello specifico, la norma abrogatrice dell'invito bonario è rappresentata dall'articolo 13 del decreto legislativo 471/1997 che, in vigore dal 1° luglio 1998, prevede - per le ipotesi di ritardati od omessi versamenti diretti - una sanzione pari al 30% di ogni importo non versato.

Da ultimo, una brevissima riflessione. Non si comprende, infatti, la linea difensiva del contribuente, avallata in questo caso dai giudici di appello, laddove - nel dolersi del mancato ricevimento dell'invito in questione - di fatto chiede l'applicazione di una norma sanzionatoria più grave rispetto a quella effettivamente applicata.

Fonte: Agenzia Entrate

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