La società che vuole istituire un deposito Iva per la custodia di beni per conto di un soggetto non residente e la successiva vendita della merce all'interno del locale, deve assumere i panni di rappresentante fiscale e "formalizzare" sia l'acquisto intracomunitario che la successiva vendita dei beni introdotti.

Questo, in estrema sintesi, il parere fornito dall'Agenzia con la risoluzione n. 180/E del 10 luglio, in riposta all'interpello di una società italiana, esercente attività di commercio all'ingrosso di macchine e prodotti per l'agricoltura, intenzionata a creare un deposito Iva per conto di un soggetto passivo identificato in un altro Stato membro della Ue.

Nel dettaglio, l'Agenzia ripercorre le condizioni necessarie per ottenere l'autorizzazione a istituire un deposito Iva, dedicato alla semplice custodia delle merci per conto di soggetti non residenti. In primis, è fondamentale che i locali disponibili siano idonei a mantenere i beni. Inoltre, per gestire correttamente un deposito si deve tenere un registro ad hoc, che evidenzi i vari movimenti della merce.

Nel caso in cui i beni vengano custoditi nel locale per conto terzi, il via libera alla gestione del deposito può essere rilasciato solo a determinate società o enti, il cui capitale sociale o fondo di dotazione non scenda sotto un miliardo delle vecchie lire. La società, quindi, può avere l'ok all'apertura del deposito Iva soltanto se possiede i requisiti dettati dalla norma in materia.

Una volta verificati i presupposti per l'istituzione del locale, la società, se introduce beni nel deposito per conto di un terzo non residente, deve assumere la veste di rappresentante fiscale, assolvendo per suo conto gli obblighi tributari relativi alle operazioni sulle merci immesse. Nel caso in questione, infatti, il soggetto comunitario non ha provveduto a identificarsi direttamente in Italia ed è rimasto identificato ai fini fiscali in un altro Stato Ue.

Il ruolo di rappresentante fiscale per la società interpellante comporta la "formalizzazione" delle operazioni di introduzione e cessione dei beni ai clienti. Infatti, si tratta di operazioni senza Iva, che non implicano il pagamento dell'imposta, per cui al rappresentante fiscale non resta che eseguire gli obblighi di fatturazione delle operazioni intracomunitarie e compilare gli elenchi Intrastat.

I tecnici delle Entrate si soffermano così sugli adempimenti fiscali in capo alla società rappresentante.

In particolare, l'acquisto intracomunitario realizzato introducendo i beni nel deposito Iva deve essere formalizzato dal gestore proprio al momento dell'ingresso delle merci nel locale, con l'integrazione della fattura comunitaria, in cui va indicata, al posto dell'imposta, la causa di "non pagamento".

La stessa operazione va attuata nella fase di vendita dei beni. Nel momento in cui la merce custodita nel deposito è ceduta ai clienti, l'operazione avviene senza pagare l'Iva: andrà emessa una fattura che, al posto dell'imposta, indicherà il titolo di inapplicabilità del tributo e la relativa norma.

Infine, il pagamento dell'Iva dovrà avvenire nella fase di estrazione dei beni dal deposito. L'imposta sarà assolta, attraverso il meccanismo del reverse charge, da chi procede ad estrarre la merce.

In chiusura, la risoluzione ricorda che il gestore del deposito risponde in solido con il soggetto passivo Iva della eventuale mancata o irregolare applicazione dell'imposta al momento all'estrazione.


Fonte: Agenzia Entrate

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