QUESITO

La società ALFA Italy srl ha stipulato con la Banca BETA di Londra un

contratto di credito definito “Credit agreement” finalizzato ad ottenere un prestito.

Per effetto di tale contratto la società istante è tenuta a corrispondere alla

medesima banca gli interessi mensili relativi al prestito, una somma una tantum pari

al 2,1 per cento dell’intero prestito ed infine un cosiddetto “compenso d’agenzia”

annuale per garantire l’intero contratto.

Sulla base della Convenzione stipulata tra l’Italia e il Regno Unito, la banca

BETA ha fornito alla società istante:

la dichiarazione rilasciata dall’autorità fiscale inglese dalla quale risulta la

residenza della stessa banca nel Regno Unito e l’assoggettamento ad

imposizione degli interessi percepiti nel medesimo Paese;

 la dichiarazione ai fini dell’applicazione del regime convenzionale attestante

che essa è l’effettivo beneficiario degli interessi.

La società istante chiede di conoscere se la ritenuta alla fonte stabilita nella

misura del 10 per cento dalla norma convenzionale debba essere applicata, oltre che

sugli importi relativi agli interessi e al compenso una tantum, anche con riferimento

al “compenso annuale di agenzia” corrisposto alla Banca.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’interpellante ritiene che sia corretto applicare le ritenute in misura

convenzionale agli interessi e agli altri proventi qualora costituiscono lo strumento

per la realizzazione di un prestito di denaro. Pertanto, la ritenuta non deve essere

applicata sul compenso annuale di agenzia dal momento che per sua natura non può

essere qualificato come provento, trattandosi di una forma di garanzia.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

Occorre ricordare, in via preliminare, che l’articolo 20, comma 1, lettera b),

del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato dal DPR 22 dicembre 1986, n.

917 (TUIR), ai fini dell’applicazione dell’imposizione sui redditi nei confronti dei

non residenti, considera prodotti nel territorio dello Stato i redditi di capitale

corrisposti da soggetti residenti, con esclusione degli interessi e degli altri proventi

derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali. Questi ultimi proventi sono

quindi qualificati come redditi non imponibili per carenza del presupposto di

territorialità se percepiti da soggetti non residenti.

Inoltre, l’articolo 26, comma 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 reca una

norma di carattere generale in base alla quale, ove non sia diversamente previsto, i

redditi di capitale corrisposti a non residenti, anche se conseguiti nell’esercizio di

imprese commerciali, sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con

due aliquote del 12,50 per cento ovvero del 27 per cento.

L’aliquota del 27 per cento si applica se i redditi sono corrisposti a soggetti

che risiedono in Stati o territori diversi da quelli elencati nella lista approvata con il

decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del TUIR (cosiddetta

“white list”). Nelle more dell’emanazione del citato provvedimento, si può fare

riferimento alla lista di cui al decreto del Ministero delle finanze 4 settembre 1996 e

successive modificazioni che contiene l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo

scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni

sul reddito in vigore con la Repubblica italiana. Si tratta della “white list”

attualmente utilizzata per individuare i Paesi che beneficiano dell’esonero

dall’imposta sostitutiva per gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e

titoli similari, previsto dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile

1996, n. 239.

In tutti gli altri casi trova applicazione l’aliquota del 12,50 per cento.

Aliquote ridotte possono essere previste dalle singole convenzioni contro le doppie

imposizioni.

Alla regola su esposta sono sottratti particolari redditi che vengono esclusi

dall’applicazione della ritenuta alla fonte in quanto ritenuti non imponibili quando

ricorrano le condizioni soggettive e oggettive fissate dall’articolo 26-bis del D.P.R.

n. 600 del 1973.

Sotto il profilo soggettivo la norma limita l’esenzione ai redditi percepiti da

soggetti residenti in Stati o territori inclusi nella white list, mentre sul piano

oggettivo la norma elenca tassativamente i rapporti ai quali si applica il beneficio,

richiamando le lettere a), c), d), g-bis) e g-ter) dell’articolo 44, comma 1, del TUIR.

Riguardo ai rapporti di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 44,

comma 1, del TUIR, e cioè ai rapporti di mutuo, deposito e conto corrente, l’articolo

26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 pone un’espressa limitazione all’ambito di

applicabilità del regime di non imponibilità in quanto richiede che gli stessi non

diano luogo a prestiti di denaro.

Rimangono, pertanto, assoggettati ad imposizione, con l’applicazione della

ritenuta alla fonte di cui all’articolo 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973 o della

ritenuta convenzionale, se di misura inferiore, gli interessi e gli altri proventi

derivanti da negozi che abbiano ad oggetto somme di denaro, assolvendo tali negozi

ad una funzione di prestito di denaro (cfr. risoluzione n. 58/E del 27 febbraio 2002).

Ciò posto, con riferimento alla fattispecie prospettata dalla società istante, è

di tutta evidenza che, trattandosi di un contratto che configura un’operazione di

prestito di denaro, i relativi proventi e interessi debbano essere assoggettati alla

ritenuta a titolo d’imposta del 12,50 per cento, ferma restando l’applicabilità

dell’aliquota di misura inferiore prevista dalla convenzione contro le doppie

imposizioni stipulata tra l’Italia e il Regno Unito.

Pertanto, sugli interessi corrisposti mensilmente e sul compenso una tantum

parametrato all’importo del prestito deve essere applicata la ritenuta alla fonte di cui

al più volte citato articolo 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, rientrando,

rispettivamente, nell’ambito degli interessi veri e propri e negli altri proventi

derivanti da prestiti di denaro.

La medesima ritenuta va altresì applicata anche al “compenso di agenzia”

annuale che, sulla base di quanto specificato nell’istanza di interpello, funge da

garanzia alla corretta applicazione dell’accordo tra le parti. Tale somma, infatti,

derivante dal medesimo contratto di finanziamento, può qualificarsi come

componente accessorio assimilabile agli “altri proventi” derivanti dal contratto di

mutuo di cui all’articolo 44 comma 1, lettera a), del TUIR che, comunque, si

producono per effetto di un impiego di capitale riconducibile ad una operazione di

prestito di denaro.

Pertanto, si ritiene che la totalità delle somme corrisposte dalla società istante

alla banca inglese, compreso quindi l’importo riferito al “compenso di agenzia”,

debba essere assoggettata a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ai sensi della

richiamata normativa.

Risoluzione Agenzia Entrate 151/E dell11 giugno 2009

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