Con la sentenza 10680 dell'11 maggio, la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della motivazione dell'avviso di accertamento e, in particolare, sulla legittimità della motivazione per relationem a un atto istruttorio del procedimento.

La Suprema corte ha ribadito l'orientamento - del tutto prevalente - della giurisprudenza di legittimità secondo cui "la motivazione degli atti di accertamento "per relationem", con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'ufficio degli elementi da essa acquisiti, significando semplicemente che l'ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratti di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio" (cfr Cassazione, sentenze 8690/2002 e 10205/2003).

Il fatto

La sentenza è stata emessa a conclusione di un contenzioso concernente due avvisi di accertamento, in materia di Iva e imposte dirette, con i quali l'ufficio dell'Amministrazione finanziaria contestava a una società la natura fittizia delle operazioni di acquisto di materie prime.

Gli accertamenti erano fondati su segnalazioni ed elementi della Guardia di finanza dai quali risultava che la società destinataria degli avvisi di accertamento aveva formalmente acquistato materie prime da soggetti falsi diversi dai reali cedenti. Pertanto, le relative fatture di acquisto erano da ritenersi soggettivamente fasulle, con le ulteriori conseguenze che, ai fini delle imposte dirette, il costo per l'acquisto delle materie prime non avrebbe potuto essere dedotto dai ricavi e, ai fini Iva, non si sarebbe potuto portare in detrazione l'imposta assolta sulla base di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.

In entrambi i giudizi di merito, gli avvisi di accertamento erano censurati in base alla circostanza che l'ufficio si era limitato a richiamare le conclusioni dei verbali redatti dagli organi di controllo e ancora perchè, avendo l'Amministrazione finanziaria riscontrato l'effettiva esistenza delle operazioni commerciali e, quindi, del pagamento dei relativi costi, avrebbe dovuto ritenere superata l'irregolarità soggettiva delle fatture che rappresentavano le operazioni commerciali.

L'Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione che era accolto dalla Suprema corte con l'affermazione di importanti principi di diritto in materia di motivazione degli avvisi di accertamento e di conseguenze derivanti da fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.

La pronuncia di legittimità

Con riguardo alla motivazione degli avvisi di accertamento, secondo i giudici di piazza Cavour, il procedimento amministrativo, anche quello tributario, è la forma della funzione, mentre il potere di adottare l'atto amministrativo finale è soltanto l'esercizio terminale di una potestà che è frazionata tra organi pubblici diversi, in dipendenza della divisione del potere di provvedere (nei preliminari poteri d'iniziativa e d'istruttoria rispetto al finale potere di decidere).

Tale stato della normazione sull'organizzazione e sull'attività amministrativa, secondo la Suprema corte, mostra come manifestamente fondata la pretesa delle amministrazioni finanziarie di interpretare la norma sulla motivazione per relationem del provvedimento amministrativo come attributiva, al titolare del potere di decidere, del potere di richiamare nel proprio atto il contributo, d'iniziativa o istruttorio, apportato da un altro organo amministrativo, il cui atto sia normativamente inserito nello stesso procedimento. La condizione è che tale richiamo non determini un'inadeguatezza o insufficienza della motivazione per relationem, ma consenta alla stessa di assolvere alla funzione garantistica di pubblicità dell'azione amministrativa a favore del destinatario.

Ne consegue il riconoscimento, da parte della Cassazione, dei seguenti principi in tema di motivazione per relationem secondo cui:

l'atto amministrativo d'imposizione tributaria può essere motivato per relationem ad un atto istruttorio del procedimento

il rinvio motivazionale dell'atto amministrativo d'imposizione tributaria ad un atto istruttorio deve essere adeguato

l'accertamento giudiziale dell'adeguatezza della motivazione per relationem dell'atto amministrativo d'imposizione tributaria deve essere adeguatamente motivato.

Con riguardo alle conseguenze derivanti dall'emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, la Corte ribadisce l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione non è riconducibile alla fattispecie dell'emissione di fattura recante indicazioni incomplete o inesatte, né a quella di omissione dell'indicazione dei soggetti tra cui è effettuata l'operazione, ma va qualificata come operazione soggettivamente inesistente.

Ne consegue che, in base ai principi della rivalsa e detrazione che caratterizzano il sistema dell'Iva, torna applicabile l'articolo 21, comma 7, del Dpr 633/1972 secondo cui "Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, (...) l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura".

Ciò comporta che il soggetto emittente la fattura - ancorché diverso da quello che realmente pone in essere l'operazione commerciale - deve ritenersi debitore dell'imposta sulla base dell'applicazione del solo principio di cartolarità. Il destinatario della fattura, invece - non essendo controparte nel rapporto riguardante l'operazione fatturata - non può esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta in carenza totale del suo presupposto, e cioè dell'acquisto di beni e servizi nell'esercizio dell'impresa, arte o professione (cfr Cassazione, sentenze 309/2006, 12353/2005, 7289/2001 e 5719/2007).

Fonte: Agenzia Entrate

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