In presenza di più atti in un medesimo documento, ciascuno di essi soggiace all’imposta di registro, fatta salva l’ipotesi di connessione negoziale unitaria e non scindibile tale da escludere l’autonoma rilevanza fiscale delle singole disposizioni. Tale eccezione, però, non scatta se la connessione non è giuridicamente oggettiva ma trova origine nella volontà delle parti. Così si è espressa la Cassazione, con la sentenza 10180 del 4 maggio scorso, decidendo su una controversia sorta dall’impugnazione, da parte di una spa, dell’avviso di liquidazione del tributo, addebitato dall’Amministrazione finanziaria per la cessione dei contratti di locazione degli immobili nei quali si svolgeva l’attività di impresa, intervenuta in occasione della cessione di azienda già sottoposta a registrazione.

 

Il ricorso del Fisco, soccombente nei primi due gradi di giudizi, era stato accolto dalla Commissione tributaria centrale. Contro tale decisione la spa proponeva ricorso in Cassazione, affermando come tra le parti fosse intervenuto un unico negozio di cessione di azienda, uno degli effetti del quale era stato il trasferimento di alcuni contratti di locazione, con conseguente assoggettamento a imposta di registro della cessione di azienda unitariamente intesa e impossibilità di applicare separatamente il tributo sulla cessione dei contratti di locazione.

 

Inoltre, la società faceva presente che, a suo dire, il subingresso nei contratti di locazione si poneva quale estrinsecazione di un effetto legale del contratto di cessione, non derivante da una valutazione di convenienza in senso economico, ma inscindibilmente connesso alla cessione di azienda.

 

La sentenza

L’articolo 20 del Dpr 634/1972 (sostanzialmente riformulato dall’attuale articolo 21 del Dpr 131/1986) prevedeva testualmente che “se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto. Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa”.

 

In base a un orientamento consolidato, per ritenere necessariamente connesse e derivanti più disposizioni contenute nello stesso atto occorre che non si possa concepire l’esistenza dell’una se si prescinde dall’altra; non è, inoltre, sufficiente che tale legame si evinca esclusivamente dalla volontà delle parti di considerarle come reciprocamente coordinate e concepite come conseguenza le une delle altre. La connessione deve, cioè, essere necessaria per esigenza obiettiva del negozio giuridico e non come connessione voluta dai contraenti. Deve sussistere una oggettiva necessità giuridica e contrattuale di connessione, a nulla rilevando l’esistenza di una mera connessione soggettiva.

 

L’orientamento è stato ribadito anche nella sentenza 10180/2009. Del resto, la stessa fa richiamo all’avverbio “necessariamente”; avverbio utilizzato dal legislatore al fine di escludere che tale connessione possa trovare la sua fonte nella mera volontà delle parti e non in una oggettiva esigenza indotta dalla natura stessa delle disposizioni.

 

Ulteriore argomentazione a sostegno della tesi della pluralità di imposizione è addotta partendo dall’assunto che l’imposta di registro è una imposta d’atto, con ciò intendendosi che si tratta di un tributo commisurato all’atto sottoposto a registrazione e trova applicazione in occasione della stipula di atti a contenuto economico, in quanto assunti dal legislatore come indici della capacità contributiva. Pertanto, laddove un documento contenga una pluralità di atti, ciascuno espressione di capacità contributiva, è ragionevole ritenere che l’imposta si applichi a ognuno di essi.

 

A tale regola, di carattere generale, fa eccezione solo il caso in cui, come detto, più atti risultino così intrinsecamente connessi tra loro da risultare rivolti alla realizzazione di una vicenda giuridica unitaria e inscindibile.

 

La Corte ha, pertanto, giudicato, corretta la ricostruzione operata dalla Ctc che aveva ritenuto le disposizioni riguardanti, rispettivamente, la cessione di azienda e la cessione dei contratti di locazione tali da non derivare necessariamente le une dalle altre.

 

Da ultimo, la Cassazione ha rammentato la distinzione, in tema di registrazione di atti che contengono più disposizioni, tra l’ipotesi di atto complesso e il diverso caso del collegamento negoziale.

 

L’atto complesso è assoggettato a una unica imposta di registro, dal momento che le varie disposizioni che in esso confluiscono sono rette da un’unica causa, e quindi, derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre.

Viceversa, le disposizioni che danno vita a un collegamento negoziale, ma sono rette da cause distinte, sono soggette ciascuna ad autonoma tassazione. La pluralità delle cause dei singoli negozi, infatti, benché funzionalmente collegate da quella complessiva dell’operazione, essendo autonomamente identificabili, porta a escludere che le disposizioni rette da cause distinte possano ritenersi derivanti, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre (cfr, in tal senso, Cassazione, sentenza 8142/1996).


Fonte: Agenzia Entrate

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