E' legittimo l’accertamento induttivo operato dall’ufficio che rettifica il reddito dichiarato da un legale se, a fronte di un elevato numero di cause patrocinate, risulta emesso un numero assai limitato di fatture.

E’ la conclusione a cui è giunta la Corte di cassazione con la sentenza n. 7460 del 27 marzo, avallando l’operato della Commissione tributaria regionale che aveva ricalcolato la pretesa fiscale sulla base delle tariffe minime professionali riferite alla voce “redazione del ricorso”.

A seguito di una verifica della Guardia di finanza che aveva accertato la presentazione di ricorsi civili e amministrativi per oltre 200 clienti e l’emissione di sole 25 fatture, l’ufficio delle Imposte dirette rettificava, per l’anno d’imposta 1992, il reddito professionale del contribuente, portandolo dai 12,7 milioni di lire dichiarati a circa 352 milioni.

L’avvocato impugnava l’avviso di accertamento, ottenendo l’accoglimento del ricorso da parte della Commissione provinciale. I giudici di secondo grado, chiamati in causa dall’ufficio finanziario, ribaltavano la decisione, riducendo però a 52 milioni di lire l’entità dell’imponibile in considerazione del fatto che non era stato provato quante delle cause iscritte erano state portate a compimento nel corso dell’anno “accertato”.

Contro la sentenza della Commissione regionale il contribuente presentava ricorso in Cassazione; l’Amministrazione finanziaria, resistente, proponeva anche ricorso incidentale.

Il professionista sostiene che:

in molti casi ha rappresentato iscritti al sindacato fornendo gratuitamente le sue prestazioni

i giudici non hanno valutato correttamente alcuni elementi (abitazione, studio professionale, accertamenti bancari, ecc.) dai quali si sarebbe potuto desumere il suo tenore di vita e che dimostrerebbero l’assoluta adeguatezza e congruità del reddito dichiarato

in riferimento allo stesso verbale della Guardia di finanza, era stata disposta l’archiviazione del procedimento penale promosso nei suoi confronti.

Per l’Amministrazione, invece, la Commissione regionale non avrebbe dovuto ridurre l’imponibile prendendo come parametro le sole tariffe minime previste per la predisposizione dei ricorsi.

La Corte di cassazione, nel rigettare sia il ricorso principale che quello incidentale in quanto non sono ammissibili nel giudizio di legittimità censure riguardanti i vizi di violazione di norme e il difetto o contraddittorietà della motivazione della sentenza, conferma la decisione della Ctr: una dichiarazione annuale di 12 milioni di lire, a fronte di ricorsi per oltre 200 clienti, lascia ampiamente spazio a una rettifica del reddito.


Fonte: Agenzia Entrate

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