La circostanza che una società sia rimasta vittima del furto delle scritture contabili non esonera l'interessato dall'obbligo di procedere alla ricostruzione delle stesse.

In difetto, risulta legittimo l'utilizzo, da parte dell'ufficio, del metodo induttivo per ricostruire il reddito d'impresa.

Così si è espressa la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27448 del 19 novembre 2008.

Il fatto e le fasi di merito

Una società impugnava gli avvisi di accertamento con i quali il competente ufficio finanziario aveva rettificato, con metodo induttivo, le dichiarazioni fiscali di più anni d'imposta, sulla base di un processo verbale di constatazione redatto il 22 gennaio 1996 dalla Guardia di finanza a conclusione di una verifica fiscale.

Dal pvc risultava tra l'altro che, alla richiesta della documentazione fiscale obbligatoria, il responsabile della società aveva esibito la copia di una denuncia, presentata in data 22 giugno 1994 a un comando Carabinieri, dall'autista dipendente di un'altra società per il furto di un autocarro, nel quale il denunciante aveva dichiarato di trasportare, unitamente ad altra merce, sette colli contenenti la documentazione contabile dell'azienda verificata e di altre due.

I ricorsi con i quali la società contestava gli atti di recupero tributario venivano accolti dalla Commissione tributaria provinciale.

In secondo grado, la Ctr riformava la pronuncia di prime cure, riconoscendo la legittimità della pretesa tributaria.

L'interessato proponeva ricorso alla Corte di cassazione, denunciando l'indebito utilizzo da parte dell'ufficio del metodo di accertamento induttivo, mediante presunzioni semplici (articolo 39, primo comma, lettera d), del Dpr 600/1973).

La sentenza di legittimità

Il motivo è stato disatteso dalla Suprema corte che ha rilevato innanzitutto come l'ufficio "può sempre procedere ad accertamento sulla base di presunzioni semplici, quando, come nella specie, le scritture contabili obbligatorie non siano disponibili per causa di forza maggiore" (articolo 39, secondo comma, lettera c), Dpr 600/1973).

Al riguardo, la circostanza che la società sia rimasta vittima del furto delle scritture contabili "non la esimeva dall'obbligo di procedere alla ricostruzione delle stesse", tanto più che, nel giudizio di merito, neppure risultava eccepita l'impossibilità di tale ricostruzione.

In più, alla luce del fatto (non contestato in sede di merito) che il furto era avvenuto il 22 giugno 1994, mentre la verifica della Guardia di finanza si era chiusa il 22 gennaio 2006, i giudici della Cassazione rilevano che "la società ha avuto tutto il tempo per tentare almeno di ricostruire la contabilità da opporre ai verificatori".

Per questo motivo, la Suprema corte ha ritenuto legittimo l'accertamento impugnato.

La pronuncia in esame appare in linea con altre precedenti relative a fattispecie analoghe a quella in questione dove, a fronte di una situazione integrante "causa di forza maggiore" che non rendeva disponibili le scritture contabili obbligatorie, si è comunque ritenuto sussistente un obbligo collaborativo a carico del contribuente diretto a consentire una qualche ricostruzione delle stesse.

In un caso in cui l'interessato non era stato in grado di dimostrare la fonte che giustificava l'asserita spettanza di una detrazione, per aver denunciato un furto della contabilità, la Cassazione ha ritenuto che spetta al contribuente "di attivarsi attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia delle medesime. Né una denuncia di furto è di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto specifico (Cass. n. 13605 del 2003)" (Cassazione, sentenze nn. 18297/2008 e 9919/2008).

Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top