Gli oneri finanziari, così come specificato dal principio contabile internazionale n. 23, possono essere iscritti in bilancio secondo due regole differenti che prevedono, a seconda dei casi, la diretta imputazione a conto economico oppure, laddove ricorra una serie di caratteristiche, la relativa capitalizzazione.

Occorre, prima di tutto, precisare che quando si parla di "oneri finanziari", si fa riferimento agli interessi e a tutti gli altri oneri che un'impresa sostiene nel momento in cui si avvale di una qualsiasi forma di finanziamento, includendo in tale voce non solo i tipici interessi passivi, bensì un insieme di altri oneri, quali:

gli interessi su scoperti bancari e sui finanziamenti a breve e a lungo termine

l'ammortamento di aggi e disagi relativi al finanziamento

l'ammortamento dei costi accessori sostenuti per ottenere il finanziamento

gli oneri finanziari relativi ai leasing finanziari rilevati in base a quanto previsto dallo Ias 17

le differenze di cambio derivanti da finanziamenti in valuta estera nella misura in cui esse siano considerate come rettifiche degli interessi passivi.

Se si adotta il trattamento contabile di riferimento, occorre rilevare gli oneri, indipendentemente da come sono strutturati i finanziamenti, come costo nell'esercizio in cui sono sostenuti, con la diretta imputazione a conto economico, nel rispetto del principio di competenza.

Lo Ias 23, però, consente, come detto, un trattamento alternativo, che permette di capitalizzare quegli oneri finanziari che sono direttamente imputabili all'acquisizione, alla costruzione o alla produzione di un bene; tali oneri sono da capitalizzare come parte del costo dello stesso bene, solo se, con una certa probabilità, genereranno benefici futuri per l'impresa e se è possibile quantificarli con un certo grado di attendibilità.

Gli oneri capitalizzabili, però, sono esclusivamente quelli riferiti a un'attività qualificata, cioè quelli concernenti un bene che richiede un rilevante intervallo per essere pronti per l'utilizzo o la vendita. Possono reputarsi attività qualificate, quindi, le rimanenze che hanno bisogno di un considerevole periodo per essere rese idonee per la vendita, gli immobili posseduti per l'investimento, gli impianti per la produzione di energia e gli impianti manifatturieri.

Non sono, invece, compresi nella fattispecie anzidetta tutti quei beni che già al momento della loro acquisizione sono utilizzabili per la vendita, gli investimenti e le rimanenze che l'impresa produce regolarmente, i beni che l'impresa genera ripetutamente, in grandi quantità e in archi temporali brevi: per tali attività è esclusa la capitalizzazione.

Sono capitalizzabili, però, solo gli oneri sostenuti per il bene in costruzione o produzione, cioè, esclusivamente quelli che "...non sarebbero stati sostenuti se non fosse stata sostenuta la spesa per tale bene".

La determinazione di queste somme è alquanto immediata laddove ci si trova di fronte a finanziamenti specificatamente sostenuti per un dato bene, in quanto a essere capitalizzabili sono gli oneri effettivamente sostenuti per quel finanziamento nel corso dell'esercizio.

È necessario, però, fare attenzione a quei finanziamenti che possono generare proventi, perché capita frequentemente che un'impresa abbia ottenuto un finanziamento i cui oneri sono sostenuti prima che l'ammontare ricevuto sia utilizzato per il bene cui è destinato e che, nello stesso tempo, destini i fondi a investimenti di altro genere.

Nel momento in cui si verifica tale ipotesi, occorrerà rilevare i proventi derivanti da tali altri impieghi e la somma da capitalizzare dovrà essere determinata al netto del reddito generato.

Nel caso di finanziamenti generici, ipotesi più frequente in un'impresa, invece, la determinazione degli oneri capitalizzabili può essere più complessa, giacché è necessario ravvisare un legame diretto fra il bene prodotto e il finanziamento non contratto specificatamente.

Tale riscontro non è sempre agevole, come ad esempio quando l'attività di finanziamento di un'impresa è gestita centralmente, oppure quando si utilizzano prestiti in valute estere; quindi è sempre opportuno che la quantificazione delle somme avvenga attraverso un attento procedimento di valutazione.

Nell'ipotesi in cui ci sono finanziamenti generici, "...l'ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili deve essere determinato applicando un tasso di capitalizzazione alle spese sostenute per quel bene...".

È necessario, quindi, determinare il tasso di capitalizzazione, che secondo quanto enuncia il principio contabile internazionale, "...deve corrispondere alla media ponderata degli oneri finanziari relativi ai finanziamenti in essere durante l'esercizio, diversi dai finanziamenti ottenuti specificatamente allo scopo di acquisire un bene che giustifica una capitalizzazione...".

Inoltre, occorre tenere presente che "...l'ammontare degli oneri finanziari capitalizzati durante un esercizio non può eccedere l'ammontare degli oneri finanziari sostenuti durante quell'esercizio".

Laddove è stimato che il costo finale atteso del bene, cui sono legati gli oneri capitalizzati, o il suo valore contabile, è superiore al valore ottenibile dalla sua relativa vendita, o comunque eccedente il valore di realizzo, è obbligatorio procedere a una svalutazione o all'annullamento del relativo valore contabile, in base alle disposizioni contenute in altri principi contabili internazionali, in particolar modo facendo riferimento a quanto specificato nello Ias 36, "Riduzione durevole di valore di attività".

È possibile avviare la capitalizzazione degli oneri finanziari quando l'impresa inizia a sostenere sia i costi per la realizzazione del bene, sia gli oneri finanziari connessi finanziamenti e, contestualmente, pone in essere tutte le attività atte a garantire che il bene possa essere utilizzato o venduto, secondo quanto era stato previsto.

Sono, però, da considerare esclusivamente gli oneri derivanti dai pagamenti in contanti, dai trasferimenti di altri beni e dal sostenimento di passività fruttifere, che sono sempre da computare al netto di anticipi o eventuali contributi ricevuti.

Una precisazione in merito al momento in cui inizia la capitalizzazione, consente di evidenziare che essa non necessariamente deve combaciare con l'avvio del processo produttivo, cioè con il momento in cui avviene la semplice realizzazione materiale del bene, ma che può anche coincidere con una fase precedente, precisamente a quando si sono intraprese l'insieme di attività amministrative e tecniche, che sono antecedenti, ma comunque propedeutiche a quella produttiva, come ad esempio le attività volte al reperimento di tutte le autorizzazioni prescritte dalla legge.

Gli oneri finanziari sostenuti nel corso dell'intero arco temporale durante il quale avviene la produzione del bene possono essere capitalizzati. Nel caso in cui, però, l'impresa sospende la propria attività volta a garantire al bene la destinazione prevista, ma continua a supportare gli oneri finanziari, deve interrompere anche la capitalizzazione degli stessi.

Va evidenziato, però, che non ricorre un'ipotesi di sospensione, quando sono svolte esclusivamente attività tecniche e amministrative particolarmente importanti per il bene che sarà prodotto, oppure quando l'attività produttiva non è effettuata in quanto è necessario un periodo di interruzione per favorire la successiva messa in funzione o vendita del bene.

Nel momento in cui la produzione di un bene è completata ed esso è pronto per essere venduto o utilizzato, la capitalizzazione deve essere interrotta.

Occorre, però, rilevare che laddove c'è un bene che è prodotto in parti, ognuna delle quali può essere autonomamente e indipendentemente utilizzata senza che siano completate le parti restanti, i relativi oneri finanziari sono capitalizzabili finché la specifica parte non è pronta per l'utilizzo o la vendita.

Il principio contabile fin qui esaminato precisa, infine, che l'impresa ha l'obbligo di informare, in nota integrativa, in merito al principio contabile adottato e, in particolare, nel caso in cui capitalizzi gli oneri finanziari nel costo del bene, deve, oltre a indicare di essere ricorsa al trattamento contabile alternativo, specificare, altresì, l'ammontare degli oneri finanziari capitalizzati nel corso dell'esercizio e il tasso di capitalizzazione utilizzato per quantificare gli oneri capitalizzabili.

Esempio di determinazione degli oneri capitalizzabili in base a finanziamenti generici

Si consideri una società che, nel corso dell'esercizio, ha ricevuto tre tipi di finanziamenti generici di cui il primo per un ammontare di 7mila euro, che prevede un tasso di interesse del 15%, il secondo pari 15mila euro, cui è applicato un tasso di interesse del 10%, e un prestito di 25mila euro, da rimborsare al tasso del 8%, e che li destini alla realizzazione di un'attività qualificata per la quale, nel corso dell'esercizio, ha sostenuto, le seguenti spese così ripartite:

15mila dal 1° gennaio

30mila dal 31 maggio

40mila dal 1° dicembre.

Per quantificare gli oneri capitalizzabili occorre determinare il tasso di capitalizzazione e il valore medio del bene nel corso dell'esercizio.

Tasso di capitalizzazione

(7.000 x 15%) + (15.000 x 10%) + (25.000 x 8%) : (7000 + 15.000 + 25.000) =

= (1.050 + 1.500 + 2.000) : 47.000 = 0.0968.

Valore medio del bene nel corso dell'esercizio

(15.000 x 12/12) + (30.000 x 7/12) + (40.000 x 1/12) = 35.833.33.

Oneri capitalizzabili

35.833,33 x 9.68% = 3.468,97.


Fonte: Agenzia Entrate

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