Costituisce plusvalenza soggetta a Irpef la cessione di un terreno “potenzialmente edificabile”.

È quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 19871 del 18 luglio.

La controversia, portata all’attenzione della suprema Corte, trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’ufficio recuperava a tassazione la plusvalenza conseguente alla cessione di un terreno.

Il ricorso presentato dal contribuente fu accolto dalla Commissione tributaria provinciale e la sentenza di primo grado fu confermata dai giudici di appello, i quali ritennero che il terreno, il cui valore di cessione era stato fatto oggetto dell’atto impositivo, non doveva essere qualificato come edificabile in quanto non era stato ancora compiuto, al momento della vendita, l’iter amministrativo dello strumento urbanistico.

Avverso la sentenza di secondo grado l’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che l’adozione del piano regolatore generale, da parte del Comune, sarebbe stata sufficiente a far considerare fabbricabili le aree per le quali sia prevista l’utilizzabilità a scopo edificatorio anche prima del perfezionamento dello strumento urbanistico.

Prima di esaminare la sentenza in commento è opportuno precisare brevemente, per quanto qui d’interesse, che l’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir, prevede che sono redditi diversi “in ogni caso, le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, indipendentemente dal tempo e dalle modalità di acquisizione (cfr risoluzione n. 78/2003).

L’articolo 36, comma 2, del decreto “Visco-Bersani” (Dl 223/2006), ha definito come fabbricabile l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base al dispositivo generale adottato dal Comune, a prescindere dall’approvazione della Regione o dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.

Inoltre, va aggiunto che la plusvalenza è data dalla differenza tra il corrispettivo percepito nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base all’indice Istat del costo della vita al quale si aggiunge l’Invim.

Ai fini della determinazione delle plusvalenze, per i terreni edificabili posseduti al 1° gennaio 2008, in luogo del costo o valore di acquisto, si può assumere il valore (alla stessa data) risultante da una perizia giurata di stima e assoggettarlo a imposta sostitutiva con aliquota del 4% (cfr circolari nn. 15/2002 e 35/2004).

Infine, si rammenta che per effetto dell’articolo 1, comma 310, della Finanziaria 2007 (legge n. 296/2006, per le cessioni effettuate dal 1° gennaio 2007, il contribuente non può più optare, all’atto della vendita dei suddetti terreni, per il pagamento dell’imposta sostitutiva del 20 per cento.

Tanto precisato, con la sentenza in commento, i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il recupero eseguito dall’ufficio, affermando che le disposizioni contenute nel decreto “Visco-Bersani”, consentono di attribuire (ai fini dell’Ici, dell’imposta di registro, dell’Irpef e dell’Iva) carattere di edificabilità a una determinata area indipendentemente dall’approvazione definitiva da parte della Regione o dall’adozione degli strumenti urbanistici attuativi del piano regolatore generale adottato dal Comune.

I giudici di legittimità, uniformandosi all’orientamento espresso nella sentenza a sezioni unite della Corte di cassazione n. 25506/2006, che trattava una vertenza in tema di Ici, hanno ritenuto che costituisce plusvalenza soggetta a Irpef la cessione di un terreno “potenzialmente edificabile”, essendo sufficiente a far perdere la qualifica agricola di un suolo la semplice previsione in uno strumento urbanistico generale, ancorché non perfezionato dal punto di vista amministrativo.

In buona sostanza, la legge non prevede che l’utilizzabilità a scopo edificatorio debba essere effettiva al momento dell’imposizione fiscale, ma quello che rileva è la potenzialità di edificazione. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è, infatti, sufficiente a far lievitare il valore venale di un area e determina, di per sé, una trasformazione economica del suolo.

È, dunque, “l’astratta edificabilità” dell’area (anche se prevista da strumenti urbanistici in itinere o ancora inattuati), che differenzia questo tipo di suolo da quelli agricoli non edificabili (cfr Cassazione nn. 1861/2008, 25166/2007 e 16712/2007).


Fonte: Agenzia Entrate

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