L’estromissione di beni mobili strumentali dal regime di lavoro autonomo genera plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili soltanto se gli stessi sono stati acquistati dal professionista dopo il 4 luglio 2006.

E’ quanto chiarisce l'agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 310/E del 21 luglio, in risposta al quesito formulato da un’associazione professionale che interrogava l’Amministrazione finanziaria in merito ai cambiamenti introdotti dalla “Visco-Bersani” nel sistema di tassazione dei redditi da lavoro autonomo.

Il decreto legge 223/2006 ha infatti sancito la rilevanza reddituale di plusvalenze e minusvalenze realizzate attraverso la cessione di beni strumentali (esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione). In particolare, concorrono alla formazione del reddito le plusvalenze derivanti dalla vendita dei beni, dal risarcimento per la loro perdita o danneggiamento, dalla destinazione degli stessi al consumo personale (o familiare) o a finalità estranee all’attività professionale.

La nuova disposizione, in pratica, ha introdotto un sistema che collega la deducibilità del costo del bene strumentale all’ammontare della plusvalenza o minusvalenza eventualmente realizzata a seguito della vendita del bene stesso. La plusvalenza (o minusvalenza) è rappresentata dalla differenza tra la somma percepita (ovvero, quando manca corrispettivo, tra il valore normale del bene) e il costo non ammortizzato. Se il costo non è deducibile integralmente, la plusvalenza (o minusvalenza) rileva in misura proporzionale.

L’Agenzia, dunque, concordando con la soluzione proposta dall’istante, conferma per i beni mobili l’interpretazione già fornita a proposito dei beni immobili: in base ai principi di tutela dell’affidamento dei contribuenti e di certezza dei rapporti giuridici, è corretto che la disciplina dettata dal Dl 223/2006 trovi applicazione esclusivamente in riferimento ai beni strumentali acquistati dopo l’entrata in vigore delle nuove norme, ossia dopo il 4 luglio 2006.

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