Le somme incentivanti destinate da una banca a confluire in un piano d’accantonamento condizionato a favore dei promotori finanziari, con cui la stessa ha un rapporto d’agenzia, hanno natura di sopravvenienze attive.

Questo in estrema sintesi il chiarimento fornito dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 258/E del 23 giugno.

Il caso

Un promotore finanziario chiedeva se fossero assoggettabili a tassazione separata in base all’articolo 17, comma 1, lettera i), del Tuir, alcune somme corrispostegli dalla banca con cui aveva un rapporto di agenzia a tempo indeterminato. In particolare, l’istante faceva presente che nel 2002 la banca aveva istituito un piano decennale di accantonamento a favore di alcuni promotori finanziari.

Circa tre anni dopo, però, l’istituto di credito aveva proposto a questi ultimi di sottoscrivere un nuovo contratto di agenzia, che non prevedeva più il predetto piano. Proprio per il venir meno del piano nel quale, negli anni precedenti, erano confluiti gli accantonamenti, la proposta del nuovo contratto di agenzia era accompagnata da quella di una transazione che aveva a oggetto l’attribuzione di una somma a titolo di liquidazione di tali premi.

Il promotore finanziario aveva deciso di accettare quella somma, ma non di firmare il nuovo contratto di agenzia, al che la banca gli negava la somma, a suo parere indissolubilmente legata alla firma del contratto.

L’autorità giudiziaria adita, a questo punto, dal promotore finanziario esprimeva un giudizio favorevole a quest’ultimo.

Oggetto del quesito formulato all’agenzia delle Entrate era proprio il trattamento fiscale della somme liquidate al promotore in esecuzione della sentenza.

La risposta dell’Agenzia

I tecnici dell’Amministrazione finanziaria hanno ritenuto che tali somme dovessero essere tassate come sopravvenienze attive e che non potesse essere condivisa la soluzione prospettata dal promotore, in base alla quale le stesse andavano assoggettate a tassazione separata, quali “indennità spettanti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a più anni”.

Infatti, a parere dell’Agenzia, il solo fatto che il riconoscimento delle somme sia avvenuto in seguito a sentenza del tribunale non implica che le stesse assumono natura risarcitoria. Al contrario, dalla motivazione della sentenza si deduce che la natura dei premi accantonati, di “incentivi, integrativi del sistema di provvigioni standard”, rimane tale.

Il tribunale ha, cioè, riconosciuto al promotore le somme incentivanti in quanto ha ritenuto che il diritto alle stesse sarebbe venuto meno solo se lo scioglimento del rapporto di agenzia fosse stato imputabile al promotore e non alla banca.

Per quanto riguarda la concorrenza al reddito, tali somme vanno imputate, in base al principio di cui all’articolo 109, comma 1, del Tuir, nell’esercizio in cui il diritto alla percezione delle stesse diventa certo nell’esistenza e determinabile nell’ammontare. Pertanto, se la liquidazione fosse avvenuta alla scadenza naturale del contratto, l’imputazione al reddito sarebbe avvenuta nell’esercizio di scadenza; nella fattispecie prospettata, invece, l’esercizio interessato è quello in cui è intervenuta la sentenza del tribunale.

Chiarimenti sulla natura del reddito prodotto dai promotori finanziari

L’articolo 55 del Tuir stabilisce che “Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 del codice civile…”.

Che l’attività esercitata dai promotori finanziari rientri nell’articolo 2195, n. 5, del Codice civile, produttiva, quindi, di reddito d’impresa, era stato chiarito con la risoluzione 267/1995, documento con cui l’Amministrazione finanziaria aveva risposto ad alcuni interrogativi dell’Associazione nazionale agenti servizi finanziari (Anasf), posti a seguito dell’entrata in vigore della legge 1/1991 (istitutiva dell’albo dei promotori).

In particolare, poiché l’attività svolta da questi ultimi era rimasta sostanzialmente invariata, nonostante la perdita dello “status giuridico di agenti di commercio”, rispetto a quella svolta dai consulenti finanziari, veniva chiesto se, ai fini della determinazione del reddito, fossero applicabili le medesime disposizioni ovvero quelle degli agenti di commercio.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top