Carichi di famiglia senza autocertificazione per i cittadini italiani residenti fuori dai confini dell'Unione europea o dei Paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo. Se vogliono usufruire delle detrazioni per carichi familiari, i nostri connazionali che hanno trasferito all'estero la residenza anagrafica devono certificare il possesso dei requisiti previsti dalla Finanziaria 2007 ricorrendo a una documentazione complessa, mentre è esclusa la possibilità di produrre una semplice dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

È quanto chiarisce la risoluzione n. 242/E del 13 giugno, con cui l'agenzia delle Entrate risponde a un'istanza di interpello presentata dal ministero degli Esteri.

In particolare, la Farnesina chiede di sapere se i nostri concittadini che lavorano nelle ambasciate italiane all'estero possono detrarre i carichi di famiglia presentando un'autocertificazione anche nell'ipotesi in cui non risiedano in uno Stato membro dell'Unione europea o in Islanda, Liechtenstein e Norvegia, i tre paesi aderenti al See, lo spazio economico europeo.

A questo proposito, il documento di prassi ricorda le disposizioni della legge finanziaria dell'anno scorso, che hanno riconosciuto anche ai non residenti il diritto a fruire delle detrazioni per carichi familiari per il triennio 2007, 2008 e 2009. La norma ha introdotto una deroga, seppure non esplicita, a quanto stabilito dall'articolo 24 del Testo unico delle imposte sui redditi, che nega ai non residenti la possibilità di fruire delle detrazioni per familiari a carico disciplinate dall'articolo 12 dello stesso Tuir.

Carte alla mano, le detrazioni spettano ai cittadini non residenti in Italia a patto che siano rispettate due condizioni: le persone a cui le agevolazioni si riferiscono non devono possedere un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili e comprendendo anche i redditi prodotti fuori dal territorio nazionale, al tetto massimo stabilito per ogni specifico caso dal Tuir. Queste, inoltre, non devono avere nel Paese di residenza alcun beneficio fiscale legato ai carichi familiari.

I documenti utilizzabili per dimostrare il possesso dei requisiti necessari sono stati individuati dal decreto ministeriale 149/2007 e variano a seconda che i beneficiari degli sconti fiscali siano residenti in uno Stato dell'Ue o del See oppure no.

Per i primi, basta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. I secondi invece hanno bisogno:

della documentazione originale prodotta dall'autorità consolare del paese d'origine, con traduzione in italiano e asseverazione da parte del prefetto competente per territorio

della documentazione con apposizione dell'Apostille per i residenti in Paesi che hanno sottoscritto la convenzione dell'Aja del 1961

della documentazione prodotta dal Paese d'origine, in base alla normativa locale, tradotta in italiano e asseverata come conforme all'originale dal consolato italiano ospitato dalla propria nazione.

Secondo l'interpretazione fornita nell'interpello dal ministero degli Esteri, gli italiani residenti all'estero possono ricorrere all'autocertificazione anche se risiedono in un Paese extracomunitario o escluso dal See. Infatti, le disposizioni del Dpr 445/2000 in materia di documentazione amministrativa dovrebbero applicarsi a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dallo Stato di residenza. Inoltre, sempre a giudizio della Farnesina, alcune autorità che dovrebbero rilasciare la certificazione, come l'autorità consolare del Paese d'origine o il prefetto, coinciderebbero con le autorità di casa nostra, se il parametro di riferimento sono gli italiani residenti all'estero. La logica conseguenza di questo ragionamento è che il dettato del decreto ministeriale sulla documentazione vale solo per i non residenti in Italia privi anche della cittadinanza italiana.

Una soluzione che non trova il consenso dei tecnici delle Entrate, convinti che il diritto di ricorrere all'autocertificazione per dimostrare la legittimità delle detrazioni familiari spetti solo agli italiani che risiedono in uno Stato comunitario o del See, mentre per i cittadini italiani residenti in Stati diversi è escluso.

A dimostrazione della sua tesi, l'Amministrazione finanziaria, richiamando una recente sentenza della Corte di cassazione, precisa innanzi tutto che i cittadini italiani che trasferiscono all'estero la loro residenza anagrafica esclusivamente per motivi di lavoro, non si considerano necessariamente residenti all'estero anche sul piano fiscale. Il luogo di "normale residenza" di una persona coincide infatti in ultima analisi con quello in cui questa intrattiene i suoi rapporti sociali e professionali più importanti. In sostanza, il problema della doppia residenza fiscale si risolve attribuendo la preminenza allo Stato in cui sono rinvenibili i legami privati fondamentali.

Un principio che vale anche per i dipendenti delle rappresentanze diplomatiche italiane, per cui occorre considerare se hanno trasferito all'estero anche il centro delle loro relazioni personali. In caso affermativo, questi contribuenti saranno tassati in Italia solo per i redditi prodotti nel nostro paese e potranno detrarre i carichi di famiglia fino al periodo d'imposta 2009 purché presentino la documentazione richiesta dalla legge.

Su questo punto, l'Agenzia ribadisce una posizione già espressa all'inizio di quest'anno con la risoluzione 6/E dell'8 gennaio. Più precisamente, i non residenti che però vivono in Italia, come, ad esempio, i lavoratori dipendenti che soggiornano nel nostro paese per meno di 183 giorni, possono fruire delle detrazioni allegando la documentazione originale rilasciata dal consolato del Paese d'origine, con traduzione in italiano e asseverazione da parte del prefetto. Per quanto riguarda invece i non residenti che non vivono in Italia, questi devono presentare la documentazione con apposizione dell'Apostille se si trovano in Paesi che hanno sottoscritto la convenzione dell'Aja oppure la documentazione prodotta dal Paese d'origine, tradotta in italiano e asseverata come conforme all'originale dal consolato italiano ospitato dalla propria nazione. Se i non residenti sono di origine italiana, come nel caso dei funzionari impiegati nelle nostre ambasciate, il paese competente a rilasciare i documenti necessari è quello di residenza.

Queste disposizioni, stando alle conclusioni dell'Amministrazione finanziaria, dettano una disciplina speciale e, in quanto tali, prevalgono su quelle di carattere più generale in materia di documentazione amministrativa.

Fonte: Agenzia Entrate

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