Con la sentenza 11750 del 12 maggio 2008, la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della valenza probatoria delle risultanze delle indagini bancarie e finanziarie eseguite dagli uffici dell'Amministrazione finanziaria nei confronti dei "professionisti".

La pronuncia dei giudici - riferita al quadro legislativo esistente anteriormente alle modifiche normative in tema di indagini finanziarie apportate dalla legge 311/2004 (Finanziaria 2005)(1) - ha riconosciuto la legittimità dell'avviso di accertamento emesso dall'Amministrazione finanziaria nei confronti di un professionista affermando il principio secondo cui "…la rettifica, fondata sui singoli dati ed elementi risultanti dai conti (dati da cui non sono esplicitamente esclusi i prelevamenti), è legittima e valida, se il contribuente non dimostra che [di tali dati ed elementi] ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine".

La sentenza in commento aderisce all'orientamento della giurisprudenza della Suprema corte secondo cui le presunzioni legali - suscettibili di prova contraria - previste dalle disposizioni contenute nell'articolo 32, comma 1, n. 2) del Dpr 600/1973 (nella formulazione anteriore alle recenti modifiche) sono di per sé applicabili ai professionisti.

Più precisamente, secondo la giurisprudenza di legittimità(2) i dati raccolti dall'ufficio in sede di accesso ai conti correnti bancari di un professionista consentono, in virtù della presunzione contenuta nella citata disposizione, di imputare gli elementi risultanti dai conti correnti direttamente a "compensi" dell'attività di lavoro autonomo svolta dallo stesso professionista, salva la possibilità per quest'ultimo di provare che determinati accrediti non costituiscono proventi della detta attività.

La questione di diritto

Sovente la Suprema corte è stata chiamata a pronunciarsi sull'utilizzo delle presunzioni previste in tema di indagini bancarie e finanziarie nei confronti dei professionisti.

In particolare, la fattispecie esaminata dalla Cassazione con la pronuncia in esame concerne la questione dell'applicabilità o meno nei confronti dei professionisti della presunzione legale contenuta nell'articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973 secondo cui sono posti come "ricavi" a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili.

La questione traeva spunto dalla circostanza che la precedente formulazione letterale del citato articolo 32, faceva riferimento ai soli "ricavi", termine che tecnicamente individuava gli introiti delle imprese e non quelli degli esercenti arti e professioni.

I giudici di legittimità hanno affrontato e risolto la questione affermando che "l'uso della parola ricavi (…) non è sufficiente per concludere che la presunzione legale ricavabile tanto dai versamenti quanto dai prelevamenti si riferisca solo al reddito d'impresa, non a quello di lavoro autonomo". Del resto, precisa la Cassazione, "l'espressione singoli dati ed elementi risultanti dai conti contenuta nel corpo di frase, pacificamente riferibile anche ai lavoratori autonomi, comprende i prelevamenti".

Le argomentazioni della Suprema corte - riferite a un quadro normativo non più in vigore - vanno lette in considerazione dell'attuale assetto legislativo in tema di indagini bancarie e finanziarie, vigente dal 1° gennaio 2005 e risultante dalle modifiche alla normativa del settore che sono state apportate dall'articolo 1, commi da 402 a 404, della legge 311/2004.

Normativa attuale

Il modello di indagini bancarie e finanziarie previsto dal nuovo articolo 32 del Dpr 600/1973 (in materia di imposte sui redditi) ha espressamente previsto l'applicabilità nei confronti dei titolari di reddito di lavoro autonomo (professionisti) della presunzione secondo cui i prelevamenti o gli importi riscossi sono considerati come "compensi".

In particolare, l'attuale formulazione dell'articolo 32 - comma 1, n. 2) - prevede che "I dati ed elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni (…) sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche e accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e semprechè non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni".

L'espresso riferimento ai "compensi", termine che tecnicamente individua gli introiti dei professionisti, ha sciolto il dubbio - risolto, peraltro, dalla sentenza in commento della Cassazione - se i prelevamenti e gli importi riscossi emergenti dai conti correnti e non risultanti dalle scritture contabili potevano essere posti come "compensi" a base di una rettifica o accertamento in aumento del reddito di lavoro autonomo (artigiano o professionista).

Tale previsione trova la sua giustificazione giacché le somme prelevate o gli importi riscossi e risultanti dalle movimentazioni bancarie e finanziarie del contribuente possono rivelare l'esistenza di spese non dichiarate riferibili a prestazioni di servizi rese e non risultanti dalle scritture contabili, cui possono far seguito, a loro volta, compensi non dichiarati nell'ambito della specifica attività esercitata.

Resta fermo, che l'operatività delle presunzioni previste in materia di indagini bancarie e finanziarie presuppone l'esistenza di dati, notizie e documenti risultanti dai rapporti od operazioni effettuate dal contribuente con banche e altri intermediari finanziari, che non sono transitati nelle scritture contabili e di cui non viene fornita alcuna giustificazione.

NOTE:

1) Le modifiche apportate dall'articolo 1, commi da 402 a 404, della legge 30 dicembre 2004 all'articolo 32 del Dpr 600/1973 e all'articolo 51 del Dpr 633/1972 hanno ampliato le informazioni accessibili da parte dell'Amministrazione finanziaria che possono riguardare qualunque operazione esistente tra il cliente-contribuente e l'operatore finanziario e, quindi, non solo quelle connesse al rapporto di conto intrattenuto dal cliente-contribuente, ma anche quelle relative alle operazioni fuori conto.

Sotto il profilo soggettivo, è stata ampliata la categoria degli operatori finanziari interessati dalle richieste di informazioni da parte del Fisco. Le richieste di dati, notizie e documenti possono essere destinate alle banche, società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie. In proposito, cfr. circolare 32/2006.

2) Cfr. Cassazione, sentenza 4601/2002.



Fonte: Agenzia Entrate

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