I cittadini italiani con residenza all'estero, che mantengono in Italia il centro dei rapporti affettivi e personali, hanno l'obbligo di versare i tributi nelle casse dell'Erario.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 9856 del 14 aprile 2008.

La fattispecie riguarda un cittadino residente nel Principato di Monaco che aveva mantenuto il domicilio in Italia, dove risiedeva con la famiglia e dove aveva interessi, oltre che affettivi, anche economici e sociali, quali l'amministrazione di società e la frequentazione di un golf club.

Non è la prima volta che i giudici di legittimità si soffermano sulla questione.

Già con la sentenza 13803/2001, la Suprema corte aveva attribuito rilevanza preminente, ai fini dell'individuazione della residenza effettiva, al luogo ritenuto il centro dei legami affettivi. La fattispecie riguardava un soggetto iscritto all'Aire, sin dal lontano 1977, e residente, almeno formalmente, a Londra con l'intero nucleo familiare.

Nonostante ciò, i giudici, per i quali le relazioni personali ed economiche del soggetto con l'Italia erano da ritenersi più strette rispetto quelle con il Regno Unito, attribuirono rilevanza "preponderante" ad alcune vicende personali, quali la nascita della figlia e la separazione dalla moglie. Questo, senza comunque trascurare i rapporti economici: l'ammontare dei compensi percepiti dal soggetto esigevano, infatti, una presenza continuativa in Italia.

Il principio di attrazione a tassazione dei redditi prodotti nel Paese dove il soggetto ha il centro dei propri legami affettivi, in realtà, è un principio "vincolante", enunciato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.

L'organismo, infatti, con la sentenza n. C-262/99 del 12 luglio 2001, ha stabilito che "nel caso in cui una persona abbia legami sia personali sia professionali in due Stati membri, il luogo della sua "normale residenza", stabilito nell'ambito di una valutazione globale in funzione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, è quello in cui viene individuato il centro permanente degli interessi di tale persona e che, nell'ipotesi in cui tale valutazione globale non permetta siffatta valutazione, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali".

Ribadendo che rimane competenza del giudice nazionale la valutazione globale di tutti gli elementi, sia personali che patrimoniali, la Corte ha elencato alcuni degli elementi rilevanti per l'esistenza dei legami personali, come la presenza fisica della persona e dei suoi familiari, la disponibilità di un'abitazione, il luogo in cui i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo dell'esercizio delle attività professionali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali.

Tutto ciò, ovviamente, "nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un'abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali".

Quindi, la valutazione compiuta dai giudici di legittimità appare rispettosa oltre che dei principi di diritto interno, nella fattispecie l'articolo 2 del Tuir, anche dei principi di diritto comunitario.

La sentenza della Corte di giustizia europea, infatti, pur essendo stata resa nell'ambito dell'interpretazione degli articoli 3 e 4 della direttiva comunitaria n. 83/182/Cee in materia di franchigia sull'importazione temporanea di autoveicoli, e, più precisamente, sull'espressione "normale residenza in uno stato membro", è indubbio che abbia valenza anche al di fuori di tale ambito, e, nel caso particolare, nella sfera del diritto tributario.

Secondo una consolidata giurisprudenza comunitaria, infatti, pur essendo l'esercizio della potestà diretta riservata ai singoli Stati membri, questi ultimi hanno l'obbligo di uniformarsi ai principi del diritto comunitario.

Tutto quanto esposto, ovviamente, ha importanti riflessi non solo in materia di tassazione dei redditi prodotti: recependo legittimamente quanto sancito a livello comunitario, infatti, la Suprema corte "chiude le porte" al trasferimento di capitali all'estero veicolata dallo spostamento della residenza.



Fonte: Agenzia Entrate - Clarissa Ungaro

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