Secondo l’articolo 41 della legge 427/93 costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso di beni trasportati o spediti nel territorio di un altro stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per conto loro, nei confronti di cessionari soggetti passivi di imposta.

Non sono necessari particolari sforzi interpretativi dell’articolo 41 per individuare i tre requisiti necessari a qualificare una cessione come intracomunitaria, legittimando l’emissione di una fattura non imponibile e la tassazione nel paese di destinazione della merce mediante il meccanismo del reverse charge (assoggettamento ad imposta dell’operazione da parte del cessionario):

cessione a titolo oneroso

movimentazione fisica delle merci da uno stato membro ad un altro stato membro

cessione a soggetto passivo di imposta in possesso di un codice identificativo comunitario.

Come provare il trasferimento fisico delle merci?

Prendiamo in esame il secondo requisito e cerchiamo di spiegare come è possibile provare il trasferimento fisico delle merci al proprio cliente comunitario.

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 345/E del 28 novembre 2007 in risposta ad un’istanza di interpello, indica chiaramente i documenti da conservare per provare la cessione intracomunitaria.

Non ci soffermeremo sui documenti di natura strettamente fiscale e valutaria (gli operatori di norma conoscono l’obbligo di conservare: le fatture di vendita, i relativi elenchi intrastat compilati e una traccia bancaria delle somme riscosse in relazione alla cessione).

Più interessante analizzare l’interpretazione dell’Agenzia in merito al documento di trasporto.

Soluzione dell’Agenzia

L’azienda deve esibire un documento di trasporto da cui si evinca l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo di imposta identificato in altro paese comunitario.

A tal fine nella soluzione prospettata dal contribuente e confermata dall’Agenzia si fa riferimento ad un CMR (lettera di vettura camionistica internazionale) firmato e timbrato dal trasportatore per presa in carico (campo 23 del formulario CMR) e dal destinatario per ricevuta a destino (campo 24).

Per effetto di tale rigida interpretazione dell’amministrazione nazionale gli obblighi di provare la cessione intracomunitaria ricadono per intero sul cedente.

Egli si trova di conseguenza a dover dipendere dalla buona volontà del proprio cliente e del vettore che non sentono alcuna stringente esigenza di inviare al cedente copia del documento di trasporto firmato per ricevuta, se non quella di una generica correttezza commerciale.

Va inoltre sottolineato che il CMR non richiede la forma scritta.

L’articolo 4 della convenzione CMR recita infatti: Il contratto di trasporto è regolato dalla lettera di vettura. La mancanza, l’irregolarità o la perdita della lettera di vettura non pregiudicano né l’esistenza né la validità del contratto di trasporto, che rimane sottoposto alle disposizioni della presente convenzione.

Si può pertanto supporre che, nel caso in cui non sia stato compilato un CMR, lo stesso possa essere sostituito da un altro documento di trasporto o da un buono di consegna fatto sottoscrivere dal destinatario da parte del vettore.

In tal caso sarà onere del cedente:

richiedere al vettore di far rientrare in azienda una copia del buono di consegna

rivolgersi al cessionario nell’ipotesi di vendita franco fabbrica (EXW), essendo quest’ultimo il committente del contratto di trasporto e quindi l’unico soggetto che ha avuto relazioni commerciali con il trasportatore.

Suggerimenti operativi

In tale situazione di incertezza sembra utile offrire alcuni suggerimenti per ridurre i rischi fiscali associati alle cessioni intracomunitarie:

Compilare regolarmente i CMR e sensibilizzare i propri clienti comunitari riguardo al ritorno di copia degli stessi con l’attestazione della ricezione delle merci. Nel caso di vendita EXW sarà opportuno compilare il CMR indicando nella casella riservata al mittente il proprio nome per conto del cliente comunitario.

Nel caso di vendite con termine di resa EXW è consigliabile mantenere in azienda un registro dei trasportatori che hanno provveduto a ritirare la merce in modo da poter rintracciare, in caso di verifica, le prove documentali dell’avvenuta consegna in altro paese comunitario.

Per quanto possibile utilizzare termini di resa del gruppo C (trasporto a cura del cedente) in modo da poter scegliere ed incaricare un trasportatore di fiducia. Si potrà prevedere contrattualmente l’impegno di far rientrare in azienda la copia del CMR controfirmato dal destinatario ovvero la copia del buono di consegna sottoscritto dal destinatario.

Per i nuovi clienti è possibile aumentare il prezzo di listino del 20% e prevedere contestualmente uno sconto condizionato al ritorno della prova di avvenuta consegna a destino. Tale soluzione ha evidentemente delle ricadute negative dal punto di vista della competitività commerciale, ma può diventare uno strumento efficace per responsabilizzare i nuovi clienti.

Concludendo pare opportuno rilevare che l’appesantimento degli oneri relativi alla prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria in capo all’azienda cedente rende l’assenza di barriere doganali interne al territorio comunitario un paradossale svantaggio dal punto di vista fiscale.

Tant’è che, ad oggi, con la piena operatività del sistema ECS (export control system), risulta più agevole provare l’avvenuta esportazione di quanto non lo sia provare l’avvenuta cessione intracomunitaria.

In una cessione intracomunitaria l’azienda cedente dipende infatti per molti aspetti dallo zelo amministrativo del cliente e del vettore, quando invece, in un’operazione di esportazione, l’appuramento informatico dell’uscita delle merci con un banale controllo del MRN (movement reference number) sul sito dell’Agenzia delle Dogane è sufficiente a mettere al riparo l’azienda dalla contestazione del fisco.


Fonte: Newsmercati

0 commenti:

 
Top