Le plusvalenze imponibili derivanti dalla cessione da parte dell'erede di partecipazioni societarie parzialmente rideterminate dalla madre prima del decesso, si calcolano assumendo come costo di partecipazione rilevante quello rivalutato dal genitore, a condizione che le quote siano state ereditate nel periodo di soppressione dell'imposta di successione. Se il pagamento è diluito in più anni, la plusvalenza sulla prima tranche si determina tenendo conto delle somme percepite in quel periodo d'imposta e del fatto che la partecipazione ceduta era stata rideterminata solo in parte.

Questo, in estrema sintesi, il contenuto della risoluzione n. 158/E del 17 aprile, con cui l'agenzia delle Entrate risponde all'interpello di una figlia che ha ceduto la sua quota di partecipazione societaria ereditata e che chiede chiarimenti sulla corretta determinazione della plusvalenza imponibile derivante dalla vendita delle partecipazioni.

L'Agenzia, nel formulare il parere, si sofferma su un dettaglio temporale: la data di decesso della madre dell'istante. In quel periodo, infatti, ricadente nel settembre 2006, era stata già soppressa l'imposta di successione. Questo elemento è determinante nel caso in esame perché permette alla contribuente di assumere come costo della partecipazione, rilevante ai fini del calcolo la plusvalenza, il valore dello stesso così come rideterminato dalla madre ancora in vita. Quest'ultima, infatti, nel 2003 aveva provveduto alla rivalutazione del valore di una parte della quota posseduta, previo pagamento dell'imposta sostitutiva ad hoc, così come previsto dall'articolo 5 della legge 448/2001.

Le Entrate si focalizzano sul periodo di apertura della successione, perchè avviene in un lasso temporale in cui l'imposta in questione non è in vigore, consentendo così di uscire fuori dai paletti normativi fissati dal Tuir, secondo cui si deve assumere come costo "il valore definito, o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione".

L'Agenzia si allinea così all'ipotesi prospettata dall'istante, per porre poi l'accento su una seconda variabile temporale da considerare nel calcolo delle plusvalenze: la dilazione dei versamenti nel tempo. Il pagamento del corrispettivo derivante dalla cessione, infatti, è pattuito in due tranche, ricadendo così in due periodi d'imposta diversi: la prima nel 2007, all'atto d'acquisto, e la seconda entro il 2016.

In questo caso la plusvalenza, intesa come la differenza tra il corrispettivo percepito e il valore d'acquisto soggetto a tassazione, si calcola ex lege in proporzione alla quota del corrispettivo ricevuto in quel determinato periodo d'imposta.

Ne deriva che il costo della partecipazione rilevante per determinare la plusvalenza che concorre al reddito nel 2007 deve essere calcolato non sul valore totale d'acquisto, ma soltanto sulla tranche ricevuta in quell'anno di imposta. Nel caso in oggetto, il corrispettivo percepito nel 2007 è di 500 mila euro, pari al 77 per cento circa di quello complessivo, che ammonta a 650 mila euro.

L'Agenzia precisa che alla variabile della "diluizione dei pagamenti" se ne somma un'altra, altrettanto decisiva nel calcolo che l'istante deve effettuare. La partecipazione ereditata e ceduta si compone, infatti, di una parte il cui costo è stato rideterminato e di una restante quota che non ha subito rivalutazione ed è rimasta tale dal momento di costituzione della società.

In ragione di questi presupposti condizionanti il calcolo, le Entrate chiariscono che la plusvalenza imponibile relativa alla prima rata di pagamento si deve determinare non soltanto con riferimento al 77 per cento del costo della partecipazione rivalutato, ma anche sommando alla cifra ottenuta la stessa percentuale, dunque il 77 per cento, del costo della partecipazione non rideterminato.

Lo stesso vale per la plusvalenza relativa alla seconda tranche, in cui si dovrà tener conto delle restanti quote di costo della partecipazione.


Fonte: Agenzia Entrate - Giulia Marconi

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