I compensi corrisposti a una software house non residente dal distributore residente costituiscono royalties, in quanto la licenza per la distribuzione del programma informatico al pubblico tramite appositi supporti magnetici configura un trasferimento parziale del diritto d'autore (che altrimenti spetterebbe esclusivamente al titolare di tale diritto). In assenza della specifica licenza, la commercializzazione del software comporterebbe una violazione del diritto d'autore.

Questo il principio espresso dall'agenzia delle Entrate che, con la risoluzione n. 128/E del 3 aprile, si è pronunciata, ai fini dell'applicazione dell'imposta sui redditi nei confronti dei non residenti, in merito al trattamento tributario dei pagamenti effettuati da un distributore italiano di programmi informatici a una casa francese realizzatrice di software (software house).

Il documento di prassi ha preliminarmente ricostruito il quadro normativo concernente la disciplina di tale tipologia di compensi, facendo presente che essa è oggetto sia di norme interne che di norme convenzionali.

Per quanto riguarda la normativa nazionale, i diritti sui programmi informatici, compresa qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, sono tutelati dalla legge sul diritto d'autore che li assimila alle opere letterarie (legge 633/1941). I compensi per l'utilizzazione delle opere dell'ingegno, se corrisposti da soggetti residenti a beneficio di soggetti non residenti, si considerano prodotti nel territorio dello Stato (articolo 23, secondo comma, lettera c) del Tuir). Sui compensi in parola, pertanto, deve essere operata una ritenuta a titolo d'imposta (e non di semplice acconto) nella misura del 30% sulla parte imponibile (articolo 25, quarto comma, Dpr 600/1973).

E' fatta salva, però, l'applicazione del trattamento più favorevole previsto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.

La convenzione italo-francese (articolo 12), a proposito dei compensi corrisposti per l'uso o la concessione in uso di un diritto d'autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche del software, stabilisce una tassazione concorrente dello Stato della fonte del reddito (in questo caso l'Italia) e dello Stato di residenza del beneficiario effettivo (la Francia), tramite l'applicazione di una ritenuta del 5% sull'importo lordo dei canoni.

In estrema sintesi, l'operatore residente in Italia è obbligato a effettuare la ritenuta a titolo d'imposta sui canoni corrisposti al beneficiario non residente, applicando l'aliquota piena secondo la normativa interna, oppure applicando direttamente, sotto la propria responsabilità, l'aliquota agevolata del 5% prevista dalla convenzione (previa produzione da parte del beneficiario della documentazione attestante l'esistenza dei requisiti per fruire della ritenuta convenzionale).

Nella fattispecie, il contratto oggetto di esame da parte dell'agenzia delle Entrate prevede diverse tipologie di diritti; tra questi, la licenza, non esclusiva e non trasferibile, relativa alla commercializzazione e alla distribuzione dei prodotti software (compresi i relativi aggiornamenti) all'utilizzatore finale. I compensi corrisposti alla società francese dal distributore italiano a fronte della concessione di tale licenza sono qualificati come royalties in base alla ricostruzione normativa sopra effettuata.

La risoluzione ha richiamato a supporto di tale qualificazione l'interpretazione fornita dal commentario ufficiale al modello Ocse (paragrafo 13.1), oltre ai chiarimenti contenuti in una precedente risoluzione ministeriale (30 luglio 1997, n. 169).

Secondo il commentario al modello Ocse, i pagamenti effettuati per l'acquisizione di diritti parziali sul diritto d'autore (senza che il trasferente alieni totalmente il diritto d'autore) rappresentano una royalty in cui il corrispettivo viene riconosciuto per la concessione del diritto di usare il programma nei casi in cui l'utilizzo dello stesso costituirebbe una violazione del diritto d'autore. Come, ad esempio, nei casi in cui chi trasferisce il diritto è l'autore o colui che da questi ha acquisito il diritto alla distribuzione o riproduzione, e il diritto viene posto a disposizione di un terzo per lo sviluppo e lo sfruttamento commerciale del software.

Il secondo documento, di cui viene confermata l'attualità, ha precisato che, conformemente a quanto affermato dall'articolo 12 del modello di convenzioni contro le doppie imposizioni elaborato dall'Ocse, e dal relativo commentario, i compensi corrisposti a fronte dell'acquisto di programmi software a società straniere non aventi una stabile organizzazione in Italia, non costituiscono royalties nel caso in cui tale acquisto è finalizzato al puro utilizzo personale e commerciale e prescinde da qualsiasi forma di riproduzione e di commercializzazione del software stesso. In tali circostanze, il corrispettivo pagato sarà configurabile come reddito d'impresa o di lavoro autonomo, a seconda della natura del percipiente.

Considerato, quindi, che il distributore italiano non acquista il programma informatico per finalità personali o imprenditoriali, ma acquisisce il diritto alla commercializzazione del software, il corrispettivo ottenuto dalla software house estera dovrà essere considerato, come precisato nella risoluzione, una royalty.


Fonte: Agenzia Entrate - Katia Caruso

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