E' del giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie sorte in ordine all'obbligo dell'Erario di tenere una parte indenne dalle spese di notificazione degli atti giudiziari, in ragione della natura della controversia (ad esempio, in caso di assistenza obbligatoria, ai sensi della legge 319/1958).

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, che si è pronunciata per la prima volta sull'argomento, con la sentenza 25551 del 7 dicembre 2007, precisando come, nella fattispecie, oggetto del contendere siano entrate patrimoniali pubbliche extratributarie e non tasse, in mancanza di tale espressa qualificazione da parte del legislatore e in assenza di univoci e convergenti indici di connotazione tributaria.

Iter processuale

Un contribuente conveniva innanzi al giudice ordinario il ministero della Giustizia, il ministero dell'Economia e delle Finanze e la presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendo il rimborso della somma corrisposta per la notifica di un ricorso al Tar in materia di assistenza pubblica, deducendo il carattere indebito del pagamento, effettuato nonostante l'esenzione prevista per tali controversie dall'articolo 10 della legge 533/1973.

Il giudice dichiarava il difetto di giurisdizione, "assegnando" natura tributaria ai diritti versati.

La pronuncia veniva impugnata con ricorso per cassazione.

La decisione

La controversia concerne una situazione di diritto soggettivo che non ha natura tributaria: sussiste pertanto la giurisdizione del giudice ordinario.

In caso di controversie aventi a oggetto previdenza e assistenza obbligatorie, è prevista, da una parte, un'esenzione fiscale dall'imposta di bollo, di registro e da ogni tassa; dall'altra, è sancito un esonero da ogni spesa o diritto di qualsiasi specie e natura, ricollegabili alla fruizione del servizio.

L'esenzione fiscale attiene al rapporto tributario: un'eventuale controversia avente a oggetto la spettanza, o meno, di tale esenzione è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario.

L'esonero dalle spese di giustizia, invece, è relativo ai rapporti obbligatori con la Pubblica amministrazione, che non sono mediati da alcuna attività procedimentale implicante l'esercizio di un potere pubblicistico. Tali spese costituiscono l'onere economico strettamente correlato alla fruizione del servizio di notificazione degli atti giudiziari: con esse sorge il diritto della parte alla notifica dell'atto per il quale sono state pagate. Deve, dunque, escludersi che i diritti versati per la notifica del ricorso introduttivo del giudizio costituiscano una tassa e che, quindi, la controversia abbia a oggetto un tributo, circostanza che radicherebbe la giurisdizione del giudice tributario.

L'articolo 2 del Dlgs 546/1992 fissa, al primo comma, la giurisdizione tributaria prevedendo che appartengono a essa tutte le controversie aventi a oggetto "i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio". Al secondo comma, la norma enumera specifiche ipotesi di canoni dovuti per la fruizione di un servizio (canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni). La catalogazione è chiusa e non può essere estesa a ulteriori fattispecie.

Per poter affermare la giurisdizione tributaria di un'entrata pubblica, occorre predicarne la natura di tributo, nozione questa che è comprensiva di imposte e di tasse. Le imposte sono espressione della solidarietà generale, afferiscono a fatti che manifestano la capacità contributiva del soggetto e sono dirette ad approntare i mezzi finanziari per il perseguimento dei fini generali dello Stato o di altri enti impositori. Le tasse, invece, costituiscono entrate pubbliche destinate al finanziamento di un servizio pubblico specifico e riguardano specificamente il contribuente, potenziale o effettivo, fruitore dello stesso.

La sentenza impugnata giunge alla conclusione della giurisdizione del giudice tributario ritenendo la riconducibilità delle spese per la notificazione degli atti giudiziari alla nozione di tassa. Tale affermazione non è corretta.

Per la copertura dell'onere economico di un'attività o di un servizio pubblico, il legislatore può sia ricorrere a una tassa, che appartiene al sistema della fiscalità pubblica (entrate tributarie), sia utilizzare altri moduli, quali canoni, tariffe, diritti speciali e prezzi pubblici, estranei al regime fiscale (entrate non tributarie).

Una tassa è tale ove questa qualificazione sia espressamente assegnata dal legislatore a un'entrata pubblica; ove tale qualificazione non risulti, deve ritenersi che il legislatore abbia optato per un diverso modulo di copertura finanziaria dei costi del servizio pubblico, cioè con entrate extratributarie.

L'articolo 2, commi 1 e 2, Dlgs 546/1992, risponde a questa logica: le tasse, in quanto tributi, radicano la giurisdizione del giudice tributario. Le controversie aventi, invece, a oggetto canoni, tariffe, diritti e prezzi pubblici, sono devolute al giudice ordinario, salvo quanto previsto dal secondo comma del citato articolo 2.

Ciò non esclude che, talora, quello che inizialmente era il corrispettivo obbligatorio di un servizio possa aver assunto nel tempo una connotazione tipicamente tributaria, come il canone di abbonamento alle radiodiffusioni (cfr Cassazione, sentenza 20068/2006) e i contributi spettanti ai consorzi di bonifica (cfr Cassazione, sentenza 14863/2006).

Nel caso delle spese di notificazione degli atti giudiziari manca questa qualificazione di tassa, né sono ravvisabili univoci e convergenti indici di una sostanziale connotazione di natura tributaria.

L'articolo 32, Dpr 115/2002, nel disciplinare le spese di giustizia relative alle notificazioni a richiesta delle parti, parla di "spese di spedizione", "indennità di trasferta" e, più in generale, di "diritti" dovuti agli ufficiali giudiziari, prevedendo che questi, nel caso di controversie di lavoro o di previdenza e assistenza sociale, siano posti a carico dell'Erario. Mentre la regola è che le parti devono anticipare agli ufficiali giudiziari i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione relativi agli atti richiesti, l'eccezione, nelle controversie previste dalla legge 319/1958, è che tali spese siano a carico dello Stato, sul quale grava l'obbligo di tenere indenne la parte che richiede la notifica di un atto giudiziario.

Le spese di notifica sono legate con nesso di commutatività alla specifica attività di notificazione svolta dall'ufficiale giudiziario e rappresentano delle entrate pubbliche distinte da quelle a carattere tributario. Si ricade, pertanto, non nell'ipotesi dell'esenzione fiscale (prevista per l'imposta di bollo e di registro), bensì nell'ipotesi dell'esonero (da ogni spesa o diritto di qualsiasi specie e natura).

La cognizione delle controversie relative a tali spese è, dunque, devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Fonte: Agenzia Entrate - Alberto Catania

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