La società non residente, che non dispone in Italia di stabile organizzazione, non ha nominato un rappresentante fiscale né ha provveduto all'identificazione diretta può presentare domanda di rimborso Iva se, pur avendo effettuato nel territorio italiano operazioni attive, ha assolto i relativi obblighi unicamente con il meccanismo del "reverse charge facoltativo", previsto da una direttiva comunitaria sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto. Questa la risposta fornita dall'agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 17/E del 24 gennaio.

Questa, in sintesi, la risposta fornita dell'agenzia delle Entrate a una società tedesca che chiedeva chiarimenti in merito alla possibilità di ottenere il rimborso dell'Iva assolta in occasione di alcuni acquisti fatti in Italia nel 2005 e assoggettati a Iva dal cedente.

Il decreto Iva (Dpr n. 633/72) - si legge nella risoluzione - subordina il diritto al rimborso alla circostanza che il soggetto non residente non abbia realizzato operazioni attive nel territorio dello Stato. Nel caso in questione la società ha invece effettuato una cessione territorialmente rilevante in Italia (per la quale gli obblighi Iva sono stati assolti dall'acquirente italiano): il rimborso non potrebbe quindi essere eseguito. Tuttavia, spiegano i tecnici dell'Agenzia, è opportuno interpretare la normativa nazionale alla luce della direttiva comunitaria sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto (n. 2006/112/Ce). Questa direttiva stabilisce infatti che è ammissibile il rimborso dell'Iva - secondo le modalità stabilite dall'ottava direttiva (n. 79/1072/Cee) - anche per i soggetti passivi "che hanno effettuato nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali il destinatario di tali operazioni è stato designato come debitore d'imposta (…)".

La stessa direttiva del 2006 prevede infatti il cosiddetto "reverse charge facoltativo" quando, esattamente come nel caso in questione, il committente o cessionario nazionale ha adempiuto agli obblighi relativi al pagamento dell'imposta tramite emissione di autofattura al posto del cedente (dante causa) non residente. L'inversione contabile è detta "facoltativa" perché rimessa alla scelta discrezionale del legislatore nazionale, a differenza che per alcuni casi espressamente definiti in cui è obbligatorio che il debitore d'imposta sia il soggetto residente.

"Le disposizioni comunitarie - conclude la risoluzione - sono sufficientemente precise e dettagliate per poter essere immediatamente applicabili nell'ordinamento interno". Pertanto, al fine di recuperare l'Iva sugli acquisti effettuati, la società è legittimata a presentare istanza di rimborso.

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