A differenza delle altre ipotesi di condono, la definizione degli “omessi o tardivi versamenti” (articolo 9-bis della legge 289/2002) si perfeziona solo con l’integrale pagamento di tutte le rate, in quanto in tale fattispecie il legislatore non ha previsto la possibilità che il versamento parziale delle somme dovute rendesse comunque valida l’istanza.

Questa la posizione dell’Amministrazione finanziaria, espressa nella circolare 22/2003 (punto 7.3), che trova sostegno nella sentenza n. 18353/2007 della Corte di cassazione.

In effetti, la regola prevista, in via generale, dalle disposizioni della legge 289/2002, in base a cui il pagamento della prima rata della somma necessaria per la definizione perfeziona il condono, trova una puntuale deroga nelle disposizioni dell’articolo 9-bis, norma che ha previsto la possibilità per i contribuenti di sanare i mancati versamenti delle somme risultanti dalle dichiarazioni annuali, attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa e il pagamento delle stesse, unitamente agli interessi iscritti a ruolo, escludendo la debenza delle sanzioni.

In Toscana, alcuni giudici di merito avevano già ritenuto corretta tale interpretazione, nelle ipotesi di pagamento del solo acconto o di solo alcune rate.

Nello specifico, la Ctp di Pisa (sentenza n. 53, depositata l’11/7/2007), appurato come pacifico il fatto che un contribuente non avesse effettuato i versamenti tempestivamente, osservava che "la norma non fa salvi gli effetti della definizione per il caso di mancati o ritardati pagamenti" e che "anche sotto il profilo logico appare incongruo ritenere che un condono preordinato alla regolarizzazione di tradivi versamenti possa a sua volta essere definito mediante versamenti tardivi".

Analogamente, la Ctp di Siena (sentenza n. 81, depositata il 4/7/2007), in un caso in cui il contribuente aveva versato la terza e la quarta rata del condono in ritardo, riteneva "non perfezionata l’istanza presentata dalla ricorrente, pertanto legittimo il diniego dell’Ufficio e la richiesta di imposte non versate, oltre interessi e sanzioni per gli omessi e tardivi versamenti".

Questo orientamento della giurisprudenza di merito non è, tuttavia, ancora consolidato, esistendo delle pronunce di avviso contrario.

La motivazione espressa nella sentenza della Cassazione in commento farà presumibilmente propendere le Commissioni tributarie per l’adeguamento alla posizione data dall’agenzia delle Entrate.

La decisione è intervenuta sul ricorso dell’Amministrazione avverso una sentenza regionale che, in materia di definizione di omessi o ritardati pagamenti, aveva deciso che dal mancato pagamento della prima rata per il condono potesse derivare solo l’iscrizione delle somme residue, oltre alla sanzione del 30 per cento.

I fatti di causa erano i seguenti:

una società presentava una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 9-bis

versava l’acconto dovuto per ogni periodo d’imposta e otteneva la sospensione della riscossione

non veniva versata la prima rata del condono e, di conseguenza, era revocata la sospensione accordata

seguiva il provvedimento di diniego del condono

la società impugnava il provvedimento di rigetto, nonché l’iscrizione a ruolo consecutiva

la Commissione provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando valida la definizione e stabilendo che l’ufficio dovesse iscrivere a ruolo le somme dovute per il condono non versate, applicando le sanzioni solo sulle somme non versate e calcolando gli interessi legali relativi

l’Agenzia impugnava tale decisione eccependo che il mancato versamento integrale delle somme dovute impediva il perfezionamento della definizione

la Commissione regionale respingeva l’appello ritenendo che, nella fattispecie concreta, dal mancato pagamento non poteva che derivare l’iscrizione a ruolo delle somme residue, oltre a una sanzione proporzionale del 30% di esse. Il giudice motivava ciò ritenendo estensibili per analogia alla fattispecie prevista dall’articolo 9-bis, le altre norme della legge 289/2002 che avevano previsto espressamente che il pagamento della prima rata rendeva valida la definizione (venivano citati gli articoli 8, comma 3, 9, comma 12, e 15, comma 5)

con il ricorso per cassazione proposto, l’Agenzia eccepiva la violazione dell’articolo 9-bis da parte del giudice di secondo grado, partendo dal presupposto che "il beneficio concesso dalla norma sarebbe costituito solo dall’esonero dal pagamento delle sanzioni, mentre resterebbero dovuti, con pagamento rateale, tributi ed interessi. La norma non disciplinerebbe, invece, l’ipotesi del mancato pagamento di una o più rate".

La Suprema corte ha giudicato fondato il ricorso proposto dall’Agenzia, in quanto la Ctr aveva dimostrato, "ammettendo l’accertamento straordinario del condono" (cioè, la verifica se le somme dovute fossero pagate o meno, con conseguente iscrizione a ruolo e sanzione dell’omesso versamento in caso negativo), di applicare nel caso concreto le disposizioni dell’articolo 8 piuttosto che quelle dell’articolo 9-bis.

Il giudice di legittimità ha ricordato la diversa ratio delle due disposizioni. L’articolo 8 "introduce un condono tributario premiale, riconoscendo al contribuente il diritto potestativo di chiedere che il suo rapporto giuridico tributario sia sottoposto ad un accertamento straordinario, da effettuarsi cioè secondo regole diverse da quelle ordinarie”. L’articolo 9-bis invece “concede un condono tributario clemenziale, che, basandosi sul presupposto di un illecito tributario, elimina o riduce le sanzioni e, a determinate condizioni, concede modalità di favore per il loro pagamento, ma senza prevedere, come logica vuole, alcuna forma di accertamento tributario straordinario".

Fonte: Agenzia Entrate - Paolo Napolitano

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