L'applicazione dell'Iva al 4% per le prestazioni di servizi relativi alle costruzioni rurali è limitata agli edifici destinati all'abitazione dei soggetti coinvolti nell'attività agricola, anche di allevamento del bestiame. A poter giovarsi dell'aliquota ridotta sono, cioè, solo gli immobili a uso abitativo, con esclusione di tutti gli altri manufatti, inclusi quelli da destinare al ricovero del bestiame.

E' il contenuto della sentenza della Cassazione n. 22126 del 22 ottobre 2007.

Il ricorrente sosteneva che le disposizioni normative contenute nella tabella A, parte seconda, "Beni e servizi soggetti all'aliquota del 4%", nel riferirsi ai fabbricati rurali, non operassero alcuna distinzione fra immobili a uso abitativo e immobili destinati all'attività agricola di allevamento.

In effetti, mentre il numero 21-bis della tabella stabilisce l'applicazione dell'Iva al 4% alle costruzioni rurali destinate a uso abitativo del proprietario del terreno e di altri addetti alla coltivazione dello stesso o all'allevamento del bestiame e alle attività connesse, cedute da imprese costruttrici, ancorché non ultimate, il successivo numero 39 fa riferimento, tra le altre, alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla "costruzione dei fabbricati di cui all'articolo 13 della legge n. 408 del 1949, effettuate nei confronti di soggetti che svolgono attività di costruzione d'immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, o di soggetti per i quali ricorrono le condizioni richieste dal numero 21), nonché alla realizzazione delle costruzioni rurali di cui al numero 21-bis)".

Per il ricorrente, quindi, il centro ovini poteva giovarsi dell'aliquota ridotta, trattandosi di una cooperativa inserita nel comparto agricolo della "zootecnia", che aveva proceduto, per il perseguimento delle finalità sociali, alla costruzione di stalle destinate al ricovero di animali.

A fronte di tali argomentazioni, la Suprema corte ha viceversa ritenuto che una tale interpretazione estensiva contrastasse con il dettato normativo del numero 21-bis) e, quindi, con la normativa europea, che costituisce, di esso, il necessario presupposto logico- giuridico (VI direttiva, n. 77/388/Cee, del 17 maggio 1977).

La normativa comunitaria concerne l'instaurazione e il funzionamento del sistema comune dell'Iva e contiene, pertanto, la disciplina base di tale imposta, vincolante per gli Stati membri; questi ultimi non possono a essa derogare, soprattutto per quanto attiene ai casi di esenzione e riduzione dell'imposta.

Con riferimento al dato normativo nazionale, il numero 21-bis, nel prevedere le agevolazioni fiscali per le costruzioni rurali destinate a uso abitativo del proprietario del terreno e di altri addetti alla coltivazione dello stesso o all'allevamento del bestiame e alle attività connesse, si riferisce necessariamente alle sole abitazioni rurali utilizzate sia dal proprietario che da altri addetti all'attività agricola o attività connesse (tra le quali, appunto, "l'allevamento del bestiame").

Insomma, l'espressione "destinate" può correlarsi solo con l'uso abitativo che qualifichi le costruzioni rurali, ma non anche - come asserito dal ricorrente - ai manufatti destinati "all'allevamento del bestiame".

Tornando al contenuto della direttiva n. 77/388 Cee, il suo allegato H contiene un elenco delle forniture di beni e prestazione di servizi "suscettibili di essere soggette ad aliquote ridotte dell'Iva". Tra le stesse, il punto 9 contempla la "fornitura, costruzione, restauro e trasformazione di abitazioni fornite nell'ambito della politica sociale"; il successivo punto 10 richiama le forniture di beni e le prestazioni di servizi "del genere normalmente utilizzato per la produzione agricola, esclusi i beni di investimento quali macchinari ed edifici". Dal combinato disposto delle citate disposizioni deriva che nel concetto di produzione agricola soggetta ad aliquota ridotta, non possono annoverarsi immobili diversi da quelli destinati a uso abitativo. Da ciò consegue che l'aliquota Iva agevolata può competere soltanto agli edifici rurali destinati ad abitazione, con esclusione di tutti gli altri manufatti, inclusi quelli da destinare al ricovero del bestiame.

In conclusione, si precisa che nel nostro ordinamento vige il principio dell'obbligo di interpretazione conforme della normativa comunitaria; in caso contrario, la norma nazionale deve essere disapplicata dal giudice.

A tal proposito, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha in precedenza chiarito che, in forza dell'articolo 10 del Trattato, applicabile anche agli organi giurisdizionali "nell'applicare il diritto nazionale, in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l'attuazione della direttiva ...il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva , onde conseguire il risultato contemplato dall'art. 189, comma 3 (ora articolo 249, comma 3)… pertanto…spetta al giudice nazionale dare alla legge adottata per l'attuazione della direttiva, in tutti i casi in cui il diritto nazionale gli attribuisce un margine discrezionale, un'interpretazione ed un'applicazione conformi alle esigenze del diritto comunitario".

Fonte: Agenzia Entrate

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