Le somme corrisposte dalla società al dipendente estero trasferito in Italia come rimborso delle spese sostenute per l'istruzione dei figli non concorrono alla formazione del reddito. Questo il chiarimento contenuto nella risoluzione n. 378/E del 17 dicembre, con cui l'agenzia delle Entrate risponde all'istanza di interpello pervenuta dalla sede italiana di una multinazionale. Ciò a patto che le somme erogate siano utilizzabili dalla "generalità" o da categorie di dipendenti. Viceversa, nel caso in cui i rimborsi siano riconosciuti solo ad alcuni lavoratori, vanno considerati fringe benefit e assoggettati di conseguenza a tassazione.

In particolare, nell'istanza si fa presente che - dato che le attività della multinazionale sono dislocate in tutto il mondo e i dipendenti trasferiti spesso da una sede all'altra - all'interno del gruppo è stata stipulata una policy aziendale che disciplina in modo uniforme i trasferimenti, in modo da assicurare ai lavoratori lo stesso trattamento a livello mondiale. Inoltre, la circostanza che nella maggior parte dei casi il dipendente si trasferisce insieme alla famiglia ha indotto il vertice del gruppo a riconoscere "a titolo di incentivo, la possibilità di ottenere il rimborso delle spese scolastiche sostenute per l'istruzione dei figli nel nuovo Stato". Pertanto, nel contratto che il dipendente firma con la società di destinazione, è previsto il rimborso dei costi sostenuti per l'istruzione dei figli, dall'asilo nido alla scuola superiore. Il punto è: questi rimborsi sono da assoggettare a tassazione?

Non secondo la società, dell'avviso che le somme non concorrono alla formazione del reddito sulla base di quanto previsto alla lettera f), comma 2, dell'articolo 51 del Tuir. Ad analoga conclusione giungono i tecnici dell'Agenzia, ma non senza aver precisato che il corretto riferimento normativo non è alla lettera f), bensì alla successiva f-bis). La prima è infatti relativa alle erogazioni in natura di beni e servizi di utilità sociale ai dipendenti (ad esempio, tramite strutture dell'azienda o a essa convenzionate), mentre la seconda riguarda, come nel caso in questione, le "erogazioni in denaro ai dipendenti per finalità di educazione e istruzione".

Ciò premesso, la risoluzione spiega che in merito all'ambito di applicazione della lettera f-bis) - "Non concorrono a formare il reddito le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per frequenza di asili nido (...) da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari" - l'Agenzia è già intervenuta con la circolare 238/2000, nella quale è stato confermato che, ai fini dell'esclusione dal reddito di lavoro dipendente nei casi previsti, "è necessario che i servizi e le somme erogate, considerati dalle norme, siano utilizzabili dalla generalità dei lavoratori dipendenti o da categorie di dipendenti, … ove, invece, gli stessi siano a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti, essi costituiscono fringe benefits per gli utilizzatori e, pertanto, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente".

Con la stessa circolare è stato inoltre spiegato che l'esclusione dal reddito opera sia per il contributo erogato direttamente che per quello corrisposto come rimborso, a condizione che il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione idonea a provare che il dipendente l'ha utilizzato per i fini previsti. E' stato infine precisato che le somme devono essere erogate in favore del coniuge, dei figli del dipendente e delle altre persone indicate nell'articolo 433 del Codice civile, a prescindere dalla condizione di "familiare fiscalmente a carico" (e in questo senso va letto il riferimento all'articolo 12 del Tuir contenuto nella norma).

Nel caso in questione, i dipendenti che vengono trasferiti (expatriates o assignees) possono essere considerati una categoria. Si tratta infatti di un raggruppamento omogeneo, composto da dipendenti assunti da una delle società del gruppo, trasferiti presso una società del gruppo con sede in un Paese diverso da quello di assunzione, titolari di un nuovo contratto con l'azienda (che ha le stesse caratteristiche in tutto il mondo) e delle stesse agevolazioni. Inoltre, nella fattispecie disciplinata dalla lettera f-bis) rientrano certamente le somme corrisposte per assegni, premi e sussidi per fini di studio a favore degli stessi familiari.

Si ritiene dunque - conclude la risoluzione - "che l'assegno di studio per soccorrere il dipendente che abbia necessità di sostenere spese per la formazione scolastica, di vario livello, dei propri figli o familiari non debba concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente".

Fonte: Agenzia Entrate

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