All'atto di divisione di una comunione di beni tra condomini effettuata a tacitazione dei rispettivi diritti e in assenza di corresponsione di conguaglio, si applica l'imposta di registro con aliquota dell'1% a condizione che le parti da assegnare ai singoli soggetti rappresentino una "unica massa" (originate da un solo titolo) e i conferimenti non superino il valore della quota di diritto spettante a ciascuno sull'intera comunione.

È la precisazione contenuta nella risoluzione n. 334/E del 16 novembre, con cui l'agenzia delle Entrate risponde a un interpello di un notaio incaricato della stipula dell'atto.

Ripercorrendo la normativa sull'istituto della divisione (articolo 34 del Tur e 3 della tariffa allegata), la risoluzione ricorda:

l'applicazione dell'imposta proporzionale con aliquota dell'1%, prevista per atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura, qualora al condividente siano assegnati beni per un valore complessivo non eccedente quello a lui spettante sulla massa comune

l'applicazione dell'imposta con l'aliquota stabilita per i trasferimenti per l'eventuale parte eccedente, qualora l'assegnazione divisionale dei beni superi di una percentuale maggiore del 5% il valore della quota di diritto. E inoltre, "la divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente".

In questo quadro normativo si innesta la disciplina delle cosiddette "masse plurime" (le comunioni tra i medesimi soggetti che trovano origine in titoli diversi). Al quarto comma dello stesso articolo 34 è disposto che: "... le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l'ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte".

L'atto di scioglimento della comunione delle masse plurime, quindi, non concretizza un'unica divisione, ma tante divisioni quanti sono i titoli costitutivi delle singole comunioni, ad eccezione del caso in cui l'ultimo acquisto di quote derivi da successione mortis causa.

La rilevanza di tale modo di operare è evidente nel caso di assegnazione in via esclusiva di un bene, in considerazione del diverso valore che assume la parte assegnata eccedente la quota a seconda che si determini la stessa quota rispetto a tutti i beni comuni o rispetto ai soli beni rientranti nella singola comunione.

Per quanto detto è di fondamentale importanza l'individuazione dei titoli che generano una comunione per determinare, nel caso concreto, se ci si trovi di fronte a un atto divisionale che fa riferimento a un'unica massa o a più masse.

E' opportuno precisare, per sgombrare il campo da equivoci, che, se è vero - come detto - che le masse plurime nascono da titoli diversi, tale pluralità deve attenere al rapporto funzionale tra titolo e massa e non tra titolo e soggetto.

Perciò, per la ricerca delle eventuali masse plurime, si devono individuare i titoli che generano la comunione e non quelli che traslano quote tra soggetti.

Nella divisione di una comunione di beni condominiali, l'oggetto è costituito da beni che, in sostanza, fanno parte di un'unica comunione, individuata nelle parti comuni del condominio.

La variazione soggettiva dei comunisti, per atto traslativo tra vivi o per successione, non fa sorgere una massa plurima.

I singoli acquisti, infatti, hanno avuto a oggetto la stessa massa unitamente considerata, composta dalle parti comuni del condominio, determinando variazioni soggettive nella titolarità delle quote ma non generando ulteriori comunioni su masse diverse.

A sostegno di questa interpretazione di prassi, sia la disciplina normativa del condominio, che ne fa un'ipotesi particolare di comunione, il cui titolo costitutivo è dato dalla proprietà comune di parti dell'edificio, sia la giurisprudenza della Corte di cassazione, che precisa che il condominio si forma con la costruzione sul suolo comune o con il frazionamento da parte dell'unico proprietario pro indiviso di un edificio, i cui piani o porzioni di piano vengono attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva, convertendo l'intera proprietà in una pluralità di proprietà esclusive e di parti comuni indivise.

Ne consegue, quindi, l'unicità della comunione riferita alle parti comuni dell'edificio, indipendentemente dai trasferimenti dei diritti che hanno interessato le parti in proprietà esclusiva.

Si tratta quindi di comunione che trova origine in un solo titolo (quello costitutivo del condominio), costituita, perciò, da un'unica massa.

Pertanto, nella divisione dei beni condominiali, le assegnazioni ai condividenti possono essere considerate dichiarative per la parte in cui corrispondono esattamente alle quote di diritto spettanti a ciascun condividente sull'intera comunione.

L'eventuale parte eccedente è considerata vendita, con l'applicazione della disciplina secondo i criteri sopra ricordati.

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