Le controverse vicende sulla validità giuridica della e-mail sono state spesso al centro di accese discussioni. Da una parte, troviamo schierati i sostenitori della tesi secondo la quale solo il “documento informatico” provvisto di firma digitale può avere valore giuridicamente rilevante. Dall’altra, coloro che sostengono sia fondamentale garantire valore giuridico anche alle semplici e-mail. Analizziamo in parallelo gli aspetti più salienti che caratterizzano i due sistemi di trasmissione dei messaggi, evidenziando le differenze tra il servizio di posta elettronica certificata e quello standard.

La posta elettronica certificata (Pec)

La Pec, così come disposto dal Dpr 68/2005, rappresenta un sistema di comunicazione simile alla posta elettronica standard, cui però si aggiungono delle caratteristiche tali da rendere i messaggi opponibili a terzi. Il servizio, in virtù del fatto che può essere offerto solo da “gestori accreditati” presso il Cnipa (Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione), in possesso di tutti i requisiti della normativa di riferimento, avrà il valore legale di una raccomandata con A/R.

Il decreto in oggetto dispone che vengano certificate, dai gestori di posta elettronica accreditati, le fasi fondamentali della trasmissione dei documenti, quali l’invio e la ricezione.

Il mittente invia il messaggio al proprio gestore di Pec che, dopo averne verificato la conformità, lo inoltra al gestore di Pec del destinatario. A questo punto, al mittente sarà recapitata una “ricevuta di accettazione” firmata dal proprio gestore, qualora il messaggio venga correttamente acquisito dal sistema; in caso contrario, riceverà un “avviso di non accettazione”, contenente apposita motivazione della mancata accettazione. Il gestore di Pec del destinatario recapiterà il messaggio nella casella del destinatario, notificando l’avvenuta operazione al mittente tramite una “ricevuta di consegna”. Su questo ultimo punto si rende necessaria una importante precisazione, in quanto la ricevuta di consegna, a prescindere dal fatto che il destinatario apra il messaggio o meno, costituisce prova legale dell’avvenuta (o mancata) consegna.

Il sistema risulta essere particolarmente affidabile e sicuro; lo dimostra il fatto che i gestori di Pec sono obbligati per legge a tenere traccia (su apposito file log) di tutte le operazioni effettuate, per un periodo non inferiore ai 30 mesi.

Pertanto, qualora una ricevuta venisse smarrita, ci si può rivolgere al proprio gestore per ottenerne una copia valida ai fini legali.

Validità giuridica della Pec

La posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge. Tale validità è attestata, rispettivamente, dalla ricevuta di accettazione e da quella di avvenuta consegna. Il valore legale della Pec, come strumento di trasmissione telematica che rende i messaggi giuridicamente rilevanti, viene ribadito anche nel Codice dell’amministrazione digitale (Cad, Dlgs 82/2005). In particolare, l’articolo 48 del Cad stabilisce che le trasmissioni telematiche di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di consegna debbano essere effettuate mediante posta elettronica certificata, ai sensi del Dpr 68/2005. La trasmissione dei documenti con tale modalità equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo posta ed è opponibile ai terzi in caso di contenzioso.

Validità giuridica della posta elettronica standard

Per quanto riguarda i messaggi di posta elettronica non certificata, privi di qualsiasi sottoscrizione digitale, si rende opportuno evidenziare che la recente giurisprudenza li ha trattati alla stregua dei telegrammi. Al riguardo, si evidenzia che per i telegrammi, nonostante non siano sottoscritti dal mittente in quanto solitamente dettati per telefono, può essere riconosciuta l’efficacia probatoria della scrittura privata, come disposto dall’articolo 2705 Cc.

Rafforzano ulteriormente la tesi della validità giuridica della posta elettronica standard alcuni provvedimenti giudiziali (decreti ingiuntivi), emessi basandosi essenzialmente sullo scambio di semplici e-mail. In merito a quest’ultimo punto, c’è da precisare che la semplice e-mail non offre le stesse garanzie della Pec, in quanto manca un sistema di identificazione del soggetto che spedisce il messaggio; l’unico riscontro effettuabile riguarda la registrazione dei dati dell’utente, ma non essendo necessaria alcuna identificazione fisica, non è detto che siano veritieri.

Un’altra disposizione normativa, nella quale il legislatore sembrerebbe avvalorare la tesi del requisito della forma scritta anche per le semplici e-mail, la si evince nell’articolo 45 del Cad, secondo il quale "i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale".

A mio parere, indipendentemente da ogni altra considerazione, la semplice e-mail può rappresentare strumento idoneo a formalizzare una manifestazione di volontà tra le parti, purché alla stessa gli si possa attribuire una qualche paternità. In ogni caso, sarà il giudice a valutarla liberamente in giudizio, così come per qualsiasi altro documento elettronico che risulti privo di firma digitale.


Fonte: Agenzia Entrate

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