Se l'immobilizzazione finanziaria consiste in una partecipazione in un'impresa controllata o collegata, può essere utilizzato il criterio del patrimonio netto (equity method), in base al quale la partecipazione viene iscritta per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa medesima. Il legislatore fiscale ha però espressamente disposto che in tali casi non è deducibile la parte del costo di acquisto eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa partecipata.

Analizziamo i riflessi concreti di tale disposizione.

Immaginiamo il seguente caso.

Una società per azioni cede a una propria consociata estera la propria partecipazione totalitaria in un'altra società estera a 5 milioni di euro.

Poiché il valore contabile della partecipazione ammontava a 10 milioni di euro, la società deduce una minusvalenza di 5 milioni di euro.

Se emerge però che:

il consiglio di amministrazione della cedente aveva precedentemente stabilito che il prezzo di cessione sarebbe stato pari al valore del patrimonio netto più l'eventuale maggior valore che un terzo indipendente avrebbe dovuto determinare a seguito di perizia tecnica

la società di revisione incaricata della perizia stabilisce che il valore da attribuire alla voce avviamento della società le cui azioni sono state cedute avrebbe dovuto essere molto superiore al valore di cessione poi applicato,

sarà evidente che la deduzione di quella minusvalenza è quanto meno sospetta.

Tale comportamento sarà poi ancora più strano se, ad esempio, poco prima della cessione, il consiglio di amministrazione della cedente avesse magari proceduto a:

deliberare la ricapitalizzazione della società le cui partecipazioni sono state poi cedute

far sì che il versamento per la ricapitalizzazione, che doveva essere riportato a incremento del costo della partecipata, non avvenisse tramite un effettivo esborso di denaro, ma mediante la conversione di crediti commerciali vantati dalla controllante nei confronti della stessa società

svalutare, in occasione della redazione del bilancio di fine esercizio, il costo della partecipazione di un importo tale da eguagliarla al valore del patrimonio.

Un tale comportamento sarà senza dubbio censurabile.

L'articolo 2426 del Codice civile, in materia di criteri di valutazione, stabilisce infatti che le immobilizzazioni, ivi comprese, quindi, le immobilizzazioni finanziarie, devono essere iscritte al costo di acquisto.

Allorché l'immobilizzazione finanziaria consista in una partecipazione in un'impresa controllata o collegata, in alternativa al criterio del costo sopra citato, potrà essere utilizzato quello del patrimonio netto (equity method), in base al quale la partecipazione viene iscritta per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa medesima, detratti i dividendi e operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato, nonché quelle richieste per il rispetto dei generali principi di redazione del bilancio indicati negli articoli 2423 e 2423-bis del Codice civile.

Detto metodo, dunque, che non si traduce nella semplice applicazione della percentuale di partecipazione al patrimonio netto della partecipata, implica l'attribuzione alla partecipazione di un valore depurato degli effetti della partecipazione infra-gruppo.

In materia fiscale, quanto alle partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie che possono essere iscritte in bilancio in base al metodo del patrimonio netto, piuttosto che in base al costo, il legislatore ha, però, espressamente disposto che, nel caso in cui si tratti di partecipazioni in imprese controllate o collegate, non è deducibile, anche a titolo di ammortamento, la parte del costo di acquisto eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa partecipata (articolo 101, comma 3, già articolo 66, comma 1-ter, del Tuir), fatta salva l'applicazione dei criteri di valutazione di cui all'articolo 94 (già articolo 61) del Tuir.

Ecco spiegato perché la controllante ha interesse ad abbassare il valore patrimoniale.

Alla luce delle disposizioni contenute nell'articolo 94 citato e seguenti, del resto, la svalutazione deve essere operata tenendo conto che l'ammontare dei versamenti in conto capitale si aggiunge (rectius deve aggiungersi) al costo delle azioni in proporzione alla corrispondente categoria.

Nel caso sopra descritto, invece, artatamente, la controllante non avrebbe aggiunto in conto capitale, ma avrebbe semplicemente ridotto il debito commerciale.

L'Amministrazione finanziaria, del resto, ha già esaminato i risvolti fiscali di operazioni relative alla svalutazione di partecipazioni, in particolare con la risoluzione n. 177/E del 9 novembre 2001.

Con il suddetto documento di prassi, è stato, infatti, precisato che la svalutazione fiscale presuppone quella civilistica e, dunque, se non è possibile operare la svalutazione per effetto dei criteri contenuti nell'articolo 2426, numeri 1) e 4), del Codice civile, la svalutazione fiscale risulta priva di valide ragioni economiche.

Nel caso sopra ipotizzato è evidente allora che la riduzione del patrimonio netto della partecipata sarebbe meramente contabile e ininfluente sul valore economico dell'impresa.

A fronte, infatti, di una mera riduzione patrimoniale "contabile", il valore economico della società controllata non risulta diminuito e, pertanto, anche la conseguente deduzione della minusvalenza sarebbe chiaramente illegittima.

Tali conclusioni sono state, infine, recentemente confermate dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, con la sentenza n. 183/15/06, la quale ha stabilito che "la capitalizzazione effettuata consistente in una remissione di debiti commerciali…è da considerarsi come un finanziamento in conto capitale volto a consentire che la società americana equilibrasse la propria situazione finanziaria divenuta nel tempo deficitaria a causa degli investimenti effettuati. Ai sensi dell'art. 61, comma 5 del Tuir, tuttavia è consentita la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società emittente dopo la copertura…Considerato che nello specifico non si sono verificate le condizioni di cui alla normativa sopra citata, in quanto il valore unitario medio di ogni singola azione non è diminuito visto che il patrimonio netto della partecipata risulta essere superiore all'apporto di capitale effettuato, non assume pertanto rilevanza fiscale la svalutazione della partecipazione…effettuata dalla società partecipante".

Fonte: Agenzia Entrate.

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