La Corte di Cassazione torna sulla dibattuta questione dell'incidenza dell'onere della prova, e dei mezzi di prova cui si può fare ricorso, nel caso in cui l'Amministrazione, ai fini dei conteggi relativi all'IVA, contesti l'esistenza di alcune operazioni economiche esposte dal contribuente.Citando i diversi orientamenti a sostegno delle opposte tesi, con la sentenza 21953 del 19 ottobre viene messo in luce come in realtà le pronunce che vengono citate a sostegno della teoria secondo cui l'onere della prova graverebbe sull'Amministrazione, non contengono simile asserzione. E poiché le operazioni passive denunciate dal contribuente sono fonte di credito a suo vantaggio (nell'ambito dell'IVA) e di detrazione dall'imponibile (nell'ambito delle imposte sui redditi), pare logico affermare che spetta al contribuente fornire la prova dell'esistenza di fatti da cui scaturisce un suo diritto. Tale onere scatta però soltanto qualora gli organi di controllo fiscale indicare elementi che fanno sospettare la non veridicità delle fatture.Per disattendere la contabilità del contribuente l’Amministrazione finanziaria deve addurre almeno elementi indiziari, indicando i fattori che a suo parere inficiano i dati che emergono dalla documentazione, e non può limitarsi ad asserire che non li accetta i dati. Il giudice di merito investito della controversia deve prendere in considerazione di questi elementi non potendo limitarsi a dichiarare che essi esistono e sono tali da dimostrare la falsità delle fatture.

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