Tra gli oneri ammessi in deduzione dal reddito di impresa anche se non imputati a conto economico ma, in ossequio ai principi contabili internazionali, direttamente a patrimonio netto, non rientrano quelli contabilizzati a diretto incremento di una voce dell'attivo. La precisazione è arrivata con la risoluzione n. 289/E del 12 ottobre. L'agenzia delle Entrate è intervenuta, così, nuovamente a dare soluzione ai non infrequenti problemi applicativi, frutto della difficile integrazione fra normativa tributaria e contabile, conseguente all'introduzione degli Ias/Ifrs.

Il quesito

Una società italiana, superando, nell'ambito di un'operazione di aggregazione aziendale, la soglia del 95% nel capitale di una controllata tedesca, si vedeva costretta a corrispondere in Germania un'imposta indiretta sui trasferimenti immobiliari.

In base alla legislazione fiscale di quel Paese, infatti, al superamento del limite del 95%, per presunzione di legge si considerano trasferiti alla controllante (la società italiana) i beni immobili di proprietà della controllata (la società tedesca), quelli delle società da questa controllate (direttamente o indirettamente) per almeno il 95%, nonchè i beni immobili presenti nel patrimonio dei fondi immobiliari costituiti da soggetti partecipati, sempre al 95%, dalla controllata.

La società italiana chiedeva di poter considerare l'imposta pagata al Fisco tedesco deducibile dal reddito d'impresa, sulla base delle seguenti argomentazioni:

l'Ifrs 3 (il principio contabile internazionale che regola le "aggregazioni aziendali") stabilisce che nel determinare il costo dell'operazione occorre, tra l'altro, considerare "qualunque costo direttamente attribuibile all'aggregazione aziendale"

l'imposta pagata in Germania è un costo direttamente attribuibile all'operazione di aggregazione aziendale e, di conseguenza, non viene imputato nel conto economico, ma incrementa il costo di acquisto delle partecipazioni

l'onere in questione è comunque deducibile perché l'articolo 109, comma quarto, del Tuir, nel prevedere che le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se non risultano imputati al conto economico, stabilisce che "si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili internazionali".

La risposta dell'Amministrazione

L'agenzia delle Entrate ha effettuato una seppur breve, puntuale ricostruzione della norma invocata dall'istante e della sua ratio.

Il quarto comma dell'articolo 109 è stato modificato dal "decreto Ias", presentandosi nella sua attuale formulazione, per rilevanza fiscale a tutti quei componenti negativi che i principi contabili internazionali impongono di imputare direttamente a patrimonio netto e non, come invece avviene in applicazione delle regole "nostrane", al conto economico.

Si pensi, ad esempio, ai costi relativi a un aumento di capitale, che, anche se non considerati tutti di competenza dell'esercizio e (al ricorrere delle prescritte condizioni) capitalizzati come "Costi d'impianto e di ampliamento", transiteranno al conto economico attraverso gli ammortamenti; per gli stessi costi, lo Ias 32 fissa, invece, la loro deduzione direttamente dal patrimonio netto.

In pratica, ha specificato la risoluzione, la disposizione fa si riferimento a componenti negativi non transitanti per il conto economico, ma comunque solo a quelli che trovano la loro contropartita nel patrimonio netto (addebitati, quindi a decurtazione dello stesso). Non a qualsiasi tipo di onere non "spesato".

Nel caso esaminato, è vero che l'Ifrs 3 prescrive di non contabilizzare l'imposta come costo d'esercizio. Ma è altrettanto vero che la contropartita, pur non essendo il conto economico, non è il patrimonio netto (come richiesto dall'articolo 109 del Tuir) ma la partecipazione iscritta nell'attivo.

Il riconoscimento fiscale del tributo c'è; ma sotto forma di incremento del costo della partecipazione.

Fonte: Agenzia Entrate

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