Gli uffici doganali con la circolare n. 23/D del 27/07/2007 inaspriscono i controlli e le sanzioni a carico degli operatori che utilizzano i depositi fiscali in modo "virtuale" (senza una reale immissione fisica dei beni nel deposito) godendo dei benefici previsti dalla legge in materia di depositi IVA.

L’art. 50-bis co. 1 del DL 331/93 definisce i depositi IVA come “speciali depositi fiscali per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi”.

Essi assumono particolare rilevanza nel sistema applicativo del tributo, in quanto sono effettuate “senza pagamento dell’IVA” determinate operazioni, aventi ad oggetto beni nazionali o comunitari, eseguite mediante l’introduzione o l’estrazione delle merci nei o dai depositi IVA, ovvero durante la giacenza delle merci nei depositi IVA o mediante trasferimento delle merci tra depositi IVA.

Il deposito IVA in Italia viene utilizzato nei seguenti casi:

ricevimento da un Paese comunitario di merce in conto consignment stock

acquisti intracomunitari

cessioni di beni esistenti in Italia nei confronti di soggetto comunitario

cessioni di determinate materie prime esistenti in Italia nei confronti di chiunque

immissioni in libera pratica di beni provenienti da Paesi Extra-UE.

Le ragioni del successo sono ascrivibili alle modalità amministrative-fiscali dell’immissione (a seguito di operazione di importazione di beni provenienti da Paesi Extra UE in particolare) e dell’estrazione dei beni giacenti in un deposito IVA (mediante autofattura) collegate anche ai vantaggi di natura finanziaria e burocratica.

Le autorità doganali con la circolare n. 16/D del 28/04/06 avevano già ribadito che:

“… i beni devono essere materialmente introdotti nel deposito ... non essendo sufficiente la mera presa in carico documentale degli stessi nell'apposito registro... Non v'è dubbio che ... deve assolvere le funzioni di stoccaggio e di custodia dei beni introdotti: non è pertanto ammissibile alcuna forma di deposito "virtuale”...

l’operazione doganale si conclude con la dimostrazione dell’avvenuta introduzione fisica dei beni in questione a cui deve fare esplicito riferimento l’attestazione che il depositario deve sottoscrivere sul relativo documento doganale.

La citata circolare non è stata sufficientemente utile e chiara al fine di limitare l’utilizzo dei depositi “virtuali” obbligando le autorità doganali a intervenire nuovamente con la recente circolare n. 23/D del 27/07/2007 che inasprisce le sanzioni afferenti le irregolarità riguardanti la sottrazione di beni al pagamento dell'IVA all'importazione a seguito di violazioni al regime del deposito IVA.

L’Agenzia delle Dogane ha precisato che in caso di irregolarità, oltre al pagamento dell’imposta, si applica la sanzione del 30% per l’omesso versamento dell’IVA (art. 13 Dlgs 471/97) con una responsabilità solidale del depositario con il soggetto passivo (azienda/importatore) in taluni casi.

La violazione citata comporta l’obbligo di rapporto all’autorità giudiziaria penale per l’ipotesi di reato di contrabbando aggravato.

In particolare, l’agenzia ha esaminato due ipotesi di elusione della norma:

il falso materiale (falsa attestazione di presa in carico dei beni)

il falso ideologico (mancata introduzione dei beni nel deposito).

In entrambi i casi è dovuta l’IVA all’importazione e, per il mancato pagamento, è dovuta la sanzione del 30% dell’imposta dovuta, da contestare a colui che ha effettuato la dichiarazione in dogana, considerato autore della violazione (azienda/importatore).

Nel falso ideologico può configurarsi la responsabilità solidale del depositario (spedizioniere).

L’IVA dovrà essere riscossa dall’ufficio che ha ricevuto la dichiarazione doganale, il quale dovrà segnalare il tutto all’autorità giudiziaria.

Fonte: Newsmercati.

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