In generale, le royalties transnazionali sono corrisposte da un soggetto residente in uno Stato-fonte a un altro soggetto residente in un altro Stato; guardando all'ordinamento italiano, si possono individuare royalties in entrata e in uscita, che sono oggetto di norme interne e convenzionali, oltre che della normativa comunitaria, recentemente recepita in Italia con decreto legislativo. Il rapporto giuridico in base al quale sorge l'obbligazione del pagamento di royalties transnazionali è quello che intercorre tra il soggetto erogante (che acquista il bene immateriale) e il soggetto percipiente (che ha ceduto il medesimo bene immateriale).

Le royalties percepite da un soggetto residente in Italia possono avere, a seconda dei casi, natura di redditi d'impresa, di lavoro autonomo o diversi.
Il modello di convenzione Ocse (articolo 12) adotta per le royalties il principio della tassazione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario, con la conseguente esenzione nel Paese-fonte. A differenza, quindi, di quanto accade per le altre categorie di investment income (dividendi e interessi), la soluzione Ocse non prevede l'applicazione del sistema della tassazione anche nello Stato dell'erogante attraverso le ritenute alla fonte.
Il regime dell'esenzione nel Paese-fonte non opera però se l'effettivo beneficiario delle royalties, residente in un altro Paese, effettua nello stesso Paese-fonte un'attività commerciale o industriale attraverso una stabile organizzazione, e i diritti o i beni dai quali originano le royalties sono effettivamente connessi a tale stabile organizzazione.

L'imposizione delle royalties secondo il modello Ocse
In base all'articolo 12, comma 1, del modello di convenzione dell'Ocse, è stabilita la regola della tassazione esclusiva dei canoni nello stato di residenza dell'effettivo beneficiario dei medesimi.
L'esenzione nel Paese della fonte non è però concessa se nell'erogazione si interpone un intermediario, a meno che l'effettivo beneficiario sia residente nell'altro Stato contraente.
La disposizione non si applica, inoltre, alle royalties:

maturate in uno Stato terzo rispetto a quelli contraenti
attribuibili alla stabile organizzazione di un'impresa nell'altro Stato contraente.
In tale ultimo caso, in base al "principio di attrazione" ai redditi della stabile organizzazione, i proventi erogati saranno assoggettati alle disposizioni dell'articolo 7 del modello di convenzione, dedicato agli utili d'impresa.
Se, inoltre, in conseguenza delle particolari relazioni sussistenti tra l'erogante e il beneficiario, nonché tra essi e terze persone - l'ammontare dei canoni eccede quello che sarebbe stato dovuto in condizioni normali:

le disposizioni dell'articolo 12 si applicano soltanto a tale ultimo ammontare
l'eccedenza rimane imponibile secondo la legislazione di ciascuno Stato contraente.
Software e comunicazioni telematiche
I diritti la cui negoziazione può generare royalties possono ormai "aderire" anche a supporti "non convenzionali" (cd, dvd, dati, testi, immagini, suoni) resi disponibili on-line, attraverso un server, eccetera.
Per il software, in particolare, il commentario al modello di convenzione Ocse ha precisato che esso può essere oggetto dei seguenti negozi:

trasferimento di una parte dei diritti relativi al software, ma non del diritto di proprietà. I relativi pagamenti possono essere qualificati, in taluni casi, come royalties
cessione di tutti i diritti collegati al software. In tal caso, i pagamenti non vengono considerati "canoni"
acquisto del software per "personal or business use". In tale ipotesi, i corrispettivi sono ricondotti, rispettivamente, agli utili d'impresa (articolo 7 del modello Ocse) ovvero - prima dell'abrogazione dell'articolo 14 nell'ultima versione del modello - a quelli derivanti dall'esercizio di professioni indipendenti.
Le royalties in uscita
Per quanto attiene alle problematiche fiscali delle royalties con "fonte" in Italia (ossia, considerando la situazione dei diritti d'autore, di quelle corrisposte al "cedente" non residente), soccorre il riferimento all'articolo 23, comma 2, lettera c), Tuir, ove è stabilito che "ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: (...) i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi d'impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale e scientifico".
In estrema sintesi, dunque, nel caso di royalties di fonte italiana e con beneficiario (effettivo) estero, dovranno osservarsi le seguenti regole:

se tra l'Italia e il Paese di residenza del beneficiario non è stata stipulata una convenzione contro le doppie imposizioni, i proventi saranno considerati "prodotti nel territorio dello Stato", e ivi sottoposti a tassazione
se tra i due Paesi intercorre invece una convenzione, si dovrà guardare a quest'ultima, tenendo conto che, in generale, l'articolo 12, comma 1, del modello Ocse (riprodotto dalle convenzioni bilaterali) stabilisce il criterio dell'imponibilità nel Paese dell'effettivo beneficiario. Sono però applicate le ritenute alla fonte
se i due Paesi (Paese-fonte e Paese del beneficiario) appartengono all'Unione europea, possono rendersi applicabili (ma solo a determinate condizioni, come si vedrà) le nuove disposizioni, in base alle quali è stabilita l'esenzione assoluta dei proventi da ogni imposta nel Paese-fonte, e dunque la tassabilità nel solo Stato del beneficiario.
Il sistema delle ritenute alla fonte: effetti distorsivi
Il sistema "classico" per assoggettare a una parziale imposizione le royalties nel Paese-fonte, è quello consistente nell'applicazione di una ritenuta alla fonte.
In Italia, la norma di riferimento si rinviene nell'articolo 25, ultimo comma, Dpr 600/73, ove è disposto che:

i soggetti indicati nel primo comma dell'articolo 23 (sostituti d'imposta), che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, devono operare all'atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto, nella misura del 20 per cento, con obbligo di rivalsa
tale ritenuta dev'essere operata anche sulla parte imponibile delle somme di cui alla lettera b) (ovvero sul 75 per cento imponibile dei redditi derivanti dall'utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno, oltre che per le altre ipotesi indicate dalle norma)
se i compensi e le altre somme in parola sono corrisposti a soggetti non residenti, dev'essere invece operata una ritenuta a titolo d'imposta (e non di semplice acconto) nella misura del 30 per cento, anche per le prestazioni effettuate nell'esercizio di imprese.
Dall'applicazione della ritenuta rimangono però esclusi:

i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all'estero
i compensi corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
La ritenuta applicata nello Stato della fonte si traduce in un costo fiscale aggiuntivo per il beneficiario non residente, a causa del fenomeno di parziale doppia imposizione da essa originato. Infatti, mentre la ritenuta in Italia è prelevata sul compenso lordo, l'accredito di tale ritenuta nel Paese di residenza del beneficiario spesso avviene tenendo conto dell'imposta sul reddito netto ivi applicata.

La scelta della Ue per l'esenzione
All'interno dell'Unione europea è prevalsa la volontà di esentare da ritenute fiscali i corrispettivi per interessi e canoni () eroyaltiesrogati e percepiti tra determinati soggetti (in generale, le società "consociate") residenti in Stati diversi della stessa Unione (direttiva del Consiglio 2003/49/Ce).
La citata direttiva impone agli Stati membri di non tassare - né in via principale, tramite ritenuta alla fonte, né in via successiva, attraverso l'attività di accertamento - i pagamenti di interessi e canoni da essi provenienti.
Attraverso la direttiva, il trattamento dei redditi prodotti nel territorio dello Stato e tassati anche in capo ai soggetti non residenti è stato quindi differenziato in ragione della residenza (Ue o extra-Ue) del soggetto beneficiario.
Occorre però sottolineare che si tratta dei soli pagamenti di interessi e di canoni tra società consociate di Stati membri diversi nello Stato membro da cui tali componenti di reddito provengono, nella prospettiva del conseguimento della parità di trattamento fiscale tra operazioni nazionali e operazioni transfrontaliere, e non anche dei pagamenti di diritti effettuati direttamente nei confronti dell'autore, o di altri soggetti che non siano in possesso dei requisiti soggettivi previsti dalla norma (nuovo articolo 26-quater, Dpr 600/1973).

Relativamente al caso italiano, si osserva che il decreto di recepimento (Dlgs 143/2005) aveva mantenuto, in un'ottica antielusiva, l'obbligo della ritenuta per tutti i pagamenti di interessi e di canoni maturati prima dell'1/1/2004. A seguito della reazione delle istituzioni comunitarie (concretatasi nell'emanazione di un parere motivato, nell'ambito del procedimento di infrazione previsto dall'articolo 226 del Trattato), è stato emanato il Dl 10/2007 (convertito dalla legge 46/2007), il quale ha sanato la violazione, stabilendo altresì la restituzione delle ritenute già effettuate da parte dei soggetti che avevano disposto i pagamenti.
A tale proposito, si precisa altresì che la nozione di "canoni" adottata dalla direttiva 2003/49/Ce ricalca quella assunta in ambito Ocse e, dunque, nelle convenzioni internazionali. Si tratta, quindi, di compensi di qualsiasi natura ricevuti per l'uso o la concessione in uso del diritto d'autore (si tratta, chiaramente, del diritto "patrimoniale") su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche e i software, nonché di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico. Sono altresì considerati "canoni" i compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.

L'esenzione dalle imposte: requisiti soggettivi
I soggetti eroganti che risultano inclusi all'interno delle previsioni della normativa italiana di recepimento, e che pertanto sono esonerati dall'applicazione della ritenuta, sono:

le società e gli enti che rivestono una delle forme previste dall'allegato A, residenti, ai fini fiscali, nel territorio dello Stato e assoggettate all'Ires senza fruire di regimi di esonero
le stabili organizzazioni, situate nel territorio dello Stato e assoggettate all'Ires senza fruire di regimi di esonero, di società non residenti aventi i requisiti dell'articolo 26-quater, comma 4, lettera a), Dpr 600/1973, se gli interessi o i canoni sono inerenti all'attività della stabile organizzazione.
I pagamenti "esenti" devono riferirsi agli interessi e alle royalties pagati a società non residenti aventi i requisiti di cui al predetto comma 4, lettera a), o a una stabile organizzazione, situata in un altro Stato membro.

Il comma 2 dell'articolo 26-quater stabilisce che i soggetti beneficiari degli interessi e dei canoni hanno diritto all'esenzione se:

la società che effettua il pagamento, o la società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento, detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto nella società che riceve il pagamento, o nella società la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento
la società che riceve il pagamento, o la società la cui stabile organizzazione riceve il pagamento, detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto nella società che effettua il pagamento, o nella società la cui stabile organizzazione effettua il medesimo pagamento
una terza società avente i requisiti di cui alla lettera a) del comma 4 (società con forme giuridiche "europee" soggetta a imposte sulle società comunitarie) detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto sia nella società che effettua il pagamento, o nella società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento, sia nella società che riceve il pagamento, o in quella la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento
i diritti di voto detenuti nelle società ed enti residenti nel territorio dello Stato, sono quelli esercitabili nell'assemblea ordinaria prevista dagli articoli 2364, 2364-bis e 2479-bis, cc
le partecipazioni che attribuiscono i diritti di voto sono detenute ininterrottamente per almeno un anno.
Fenomeni di transfer pricing
Il transfer price è quella tecnica mediante la quale le imprese tentano di trasferire gli utili da un Paese a elevata pressione fiscale a un altro fiscalmente più "morbido", attraverso lo scambio di beni e servizi, svincolati dalle normali pratiche commerciali, alterando il valore normale delle cessioni dei beni o delle prestazioni di servizi effettuate o ricevute.
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi realizzate tra società facenti parte di gruppi multinazionali, sono sempre oggetto di attenzione da parte dell'Amministrazione finanziaria. Nell'ambito dei gruppi societari, esiste tipicamente una società madre che controlla e coordina delle società-figlie, residenti in vari Paesi.
Nella logica del gruppo, la società madre sostiene spesso una serie di spese (di coordinamento, di direzione, eccetera) che vanno poi ribaltate alle "figlie".
In quest'ambito, l'Amministrazione - ex articolo 110, comma 5, Tuir - può contestare alla società italiana la violazione della normativa sul transfer price, una volta accertata la sussistenza della posizione di controllo.
I contribuenti possono tuttavia:

fornire in sede di controllo, nella sostanza, la prova che le imprese estere non sono finalizzate alla sottrazione di risorse all'Erario italiano (vedi comma 11 dell'articolo 110 del Tuir)
in via preventiva, evitare il disconoscimento dei "costi esteri" ottenendo una risposta positiva da parte dell'Agenzia delle entrate ovvero del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, proponendo interpello nelle forme previste dall'articolo 21 della legge 413/1991.
Per espresso disposto del comma 12 dell'articolo 110, inoltre, "le disposizioni di cui ai commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile gli articoli 167 o 168, concernente disposizioni in materia di imprese estere partecipate".
Pertanto, nel caso in cui sussista un rapporto di controllo o collegamento con l'impresa estera, nei termini stabiliti dal Tuir, tale circostanza prevale sulla presenza di "costi esteri", anche ai fini dell'interpello "esimente" più avanti menzionato.
In definitiva, l'imponibilità sul 100 per cento del reddito della partecipata estera prevale sulle preoccupazioni relative alla deducibilità dei costi derivanti da transazioni con la stessa, perché - evidentemente - i costi dedotti in capo al soggetto italiano controllante o collegato dovrebbero "normalmente" trasformarsi in ricavi in capo, appunto, al soggetto estero.
E' evidente che, come accennato sopra, il pagamento di royalties, la cui stima può presentare notevoli aspetti di difficoltà, soprattutto ove si tratti di diritti relativi alla cessione di opere dell'ingegno, si pone, per le Autorità fiscali dei Paesi coinvolti, come un fenomeno da considerare con attenzione. In tale prospettiva, è possibile in Italia l'adozione della procedura di ruling internazionale.

Il ruling internazionale in materia di royalties
Il ruling internazionale è stato introdotto mediante l'articolo 8, comma 5, Dl 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 326/2003, ed è stato concretamente attuato nell'ordinamento con il provvedimento dell'Agenzia delle entrate 23/7/2004.
L'istituto in esame ha comportato l'introduzione in Italia di una procedura intesa a raggiungere una soluzione concordata tra le due parti (imprese con attività internazionale ed Erario italiano), sul modello degli "APA's" (Advanced Pricing Agreements) già noti a molti ordinamenti esteri.
L'adozione di tali strumenti è raccomandata dall'Ocse nelle direttive sul transfer pricing, come soluzione alle problematiche derivanti dai prezzi di trasferimento.

Nel caso delle "vertenze" in materia di dividendi, interessi, royalties, eccetera, il ruling è finalizzato alla determinazione della qualificazione giuridica del reddito (ad esempio, dividendi o interessi) e non alla determinazione del quantum dello stesso. Per tali componenti di reddito, l'istanza presentata dai contribuenti deve indicare:

il caso in relazione al quale si è prodotta l'istanza, in modo dettagliato
i soggetti non residenti destinati a percepire o erogare dividendi, interessi, royalties o altri componenti reddituali
la soluzione applicabile sulla base della normativa di riferimento e le ragioni per cui si ritiene che sia conforme alla legge.
L'istanza può (e auspicabilmente deve) inoltre essere corredata dalla documentazione illustrativa ritenuta opportuna per il raggiungimento dell'accordo.

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