La giurisdizione nelle controversie in tema di rimborsi di imposte

Il decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 (recante disposizioni sul processo tributario) fissa, all'articolo 2, l'oggetto della giurisdizione tributaria stabilendo che appartengono a questa "le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie…compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio".

Il successivo articolo 16 elenca gli atti impugnabili dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, includendo tra di essi (comma 1, lettera g) "il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti".

Sulla base delle predette norme, la costante giurisprudenza afferma che sussiste la giurisdizione del giudice tributario nelle controversie in materia di rimborso delle imposte e dei relativi accessori, in quanto la domanda involge un accertamento del rapporto tributario dedotto in giudizio.

Tuttavia, nella recente prassi, si registrano casi nei quali il contribuente, al fine di ottenere l'accertamento di crediti di origine tributaria, si rivolge al giudice ordinario (tribunale civile): ciò avviene in particolare nelle fattispecie in cui la controversia tra il Fisco e contribuente verta sul diritto di quest'ultimo a percepire un credito di imposta esposto e contestualmente chiesto a rimborso nella dichiarazione annuale dei redditi.

In tali casi, ci si interroga sui criteri per stabilire quale sia - tra il giudice ordinario e il giudice tributario - quello competente a conoscere e a decidere della controversia.

La questione ha un evidente rilievo pratico, in quanto investe la scelta del contribuente su quale autorità giurisdizionale adire per ottenere l'accertamento del credito stesso e la condanna dell'Amministrazione finanziaria a erogarlo.

Gli orientamenti della giurisprudenza

A. L'orientamento che fonda la giurisdizione del giudice ordinario sul mancato esercizio dei poteri di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria

Secondo la linea espressa in alcune sentenze della Cassazione (sentenza del 6/8/2002 n. 11830; sentenza del 28/1/2005 n. 1790), qualora il contribuente abbia evidenziato un credito di imposta nella dichiarazione annuale dei redditi, egli non è più tenuto ad alcun adempimento per ottenere il rimborso del credito stesso: in questo caso è infatti l'Amministrazione finanziaria a doversi attivare per controllare ed eventualmente rettificare i dati esposti in dichiarazione avvalendosi dei poteri ad essa attribuiti, vale a dire:

attraverso la procedura di liquidazione della dichiarazione (articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973) in base alla quale essa procede - entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo - alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonchè dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti di imposta

attraverso lo strumento dell'accertamento (articoli 38 e ss del Dpr n. 600/1973), rettificando i dati esposti in dichiarazione entro i termini di decadenza previsti dalla legge.

Nella prassi, prendendo spunto dal predetto orientamento, si assiste a una tendenza ad adire l'autorità giudiziaria ordinaria (tribunale civile) al fine di ottenere l'accertamento dell'esistenza del credito emergente dalla dichiarazione dei redditi e la condanna dell'Amministrazione a rimborsarlo. Siffatta scelta del giudice ordinario (in luogo di quello tributario) viene giustificata in base ai seguenti argomenti:

non avendo gli uffici dell'Agenzia delle entrate territorialmente competenti adottato la procedura di liquidazione, e al contempo avendo fatto decorrere i termini per operare una rettifica della dichiarazione, il credito chiesto a rimborso nella dichiarazione stessa si consolida con lo scadere dei termini per l'accertamento

essendosi in tal modo il credito consolidato, esso resta "enucleato" dal rapporto tributario (che non è più in contestazione) e costituisce il presupposto di una ordinaria pretesa creditoria riconducibile nell'ambito dell'indebito oggettivo ed esulante dalla materia delle imposte (su questo punto in particolare, Cassazione, sentenza n. 6036 del 2002)

pertanto, poiché si agisce per richiedere la restituzione delle somme a credito e non sul fondamento del rapporto che ha dato origine a tale credito, per la relativa pronuncia è competente il giudice ordinario.

B. L'orientamento che fonda la giurisdizione del giudice ordinario sul riconoscimento formale del credito da parte dell'amministrazione finanziaria

Secondo l'orientamento prevalente della Suprema corte (sentenza n. 14331 dell'8/7/2005; sezioni unite, sentenza n. 18210 del 13/9/2005; sezioni unite, ordinanza n. 10725 del 22/7/2002; sezioni unite, sentenza n. 8 del 26/1/2001), il presupposto perché possa essere adito il giudice ordinario è costituito dal riconoscimento formale, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del credito esposto in dichiarazione e chiesto a rimborso dal contribuente(1). In altre parole, in base a questa impostazione giurisprudenziale, al fine di radicare la giurisdizione del giudice ordinario non è sufficiente una inerzia dell'Amministrazione finanziaria (nei termini di mancata contestazione del credito attraverso le procedure di controllo già esposte sopra), ma occorre che quest'ultima emani un provvedimento con il quale riconosca il credito che il contribuente ha esposto nella dichiarazione dei redditi.

In cosa consista questo formale riconoscimento, lo si può enucleare dalle massime della Suprema corte, dalle quali emergono le seguenti fattispecie:

quando sia stato emesso da parte dell'Amministrazione finanziaria ordinativo di pagamento successivamente commutato in vaglia cambiario: questo atto, infatti, costituisce l'esito finale della procedura con la quale l'Amministrazione riconosce il diritto al rimborso e presuppone un riconoscimento del credito del contribuente

quando via sia un provvedimento di convalida del credito chiesto a rimborso: il provvedimento deve contenere la dicitura "rimborso spettante" o "rimborso convalidato" e deve provenire dall'ufficio competente a erogare il rimborso. Per tale provvedimento, la Cassazione non richiede particolari forme, è sufficiente che la volontà dell'Amministrazione emerga con chiarezza da atti (anche a carattere interno).

Considerazioni finali

Il quadro giurisprudenziale sopra esaminato induce ad alcune riflessioni circa l'utilità o meno di agire davanti al giudice ordinario (piuttosto che davanti a quello tributario) per l'accertamento del credito esposto in dichiarazione.

In base alle sentenze esaminate, in via di principio dovrebbe riconoscersi la giurisdizione del giudice tributario in tutte le ipotesi nella quali vi è contestazione sulla esistenza del credito chiesto a rimborso, sulla quantificazione dello stesso o sulla procedura con la quale viene erogato.

Ricorrono queste ipotesi quando, ad esempio, è controversa la formazione del credito (ad esempio, il credito deriva in tutto o in parte da precedenti periodi di imposta ma sia già stato utilizzato dal contribuente). Analogo discorso vale nel caso in cui vi sia stato un riconoscimento solo parziale da parte dell'Amministrazione del credito chiesto a rimborso (ad esempio, rimborso in misura minore a quella richiesta).

Per quanto concerne la procedura di erogazione del rimborso, la materia in contestazione potrebbe essere costituita dalla corretta individuazione dell'ufficio delle Entrate competente a erogare il rimborso stesso (in tal senso, si veda Cassazione, sentenza n. 19605 del 7/10/2005), oppure sul soggetto legittimato a riscuotere il credito. Si pensi, ad esempio, alle ipotesi nelle quali il credito di imposta viene ceduto da parte del soggetto titolare a un terzo e alle questioni che possono nascere circa l'efficacia dell'atto di cessione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria.

Le ipotesi nelle quali è stata affermata la giurisdizione del giudice ordinario riguardano invece essenzialmente controversie relative alle vicende estintive di un credito che aveva già trovato riconoscimento da parte della Amministrazione finanziaria.

Così è stato ritenuto competente a decidere il giudice ordinario nel caso in cui è stato smarrito il vaglia cambiario con il quale era stato erogato il rimborso (caso affrontato dalla Cassazione con la sentenza n. 7331 del 4/7/1991). Oppure nel caso in cui lo stesso vaglia cambiario sia stato abusivamente negoziato e riscosso da persona diversa dall'effettivo beneficiario (Cassazione, sentenze nn. 11935 del 25/11/1998 e 6036 del 24/4/2002).

In queste ipotesi, si discute di un credito già riconosciuto dall'Amministrazione finanziaria (e dunque non più contestato nel quantum), ma che per un errore nelle procedure di riscossione è stato incassato da soggetto diverso dall'avente diritto.

La giurisprudenza, in applicazione dell'esistenza del presupposto del riconoscimento formale, ha riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario anche in un caso nel quale era stata sollevata dall'ufficio finanziario convenuto in giudizio una questione relativa all'organo dell'Amministrazione cui spettava la decisione finale circa la spettanza o meno del rimborso (è il caso deciso dalla Cassazione con la sentenza n. 18120 del 2005). L'ufficio aveva dedotto in particolare che l'atto che conteneva la convalida del rimborso era solo una proposta proveniente dall'ufficio distrettuale e diretta all'Intendenza di finanza competente a decidere, e che, pertanto, non integrava alcun riconoscimento di debito. La Suprema corte ha dato rilievo alla circostanza che il credito aveva avuto "comunque" un riconoscimento formale da parte della Amministrazione finanziaria, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice ordinario. In un'ottica diversa, si poteva dare rilievo al fatto che, dal momento che l'autorità competente a decidere sul rimborso in base alla legislazione vigente ratione temporis era l'Intendenza di finanza (ora direzione regionale) e non l'ufficio distrettuale, al parere di quest'ultimo - in quanto organo non competente - non poteva riconoscersi l'effetto del riconoscimento formale del credito, con la conseguenza che la controversia, attenendo alla procedura di rimborso del credito, non poteva essere devoluta al giudice ordinario.

NOTE:

1) In linea con questo orientamento appare anche la giurisprudenza delle Commissioni tributarie; in particolare, si segnala Ctr Lazio n. 52 del 5/5/2005, che ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario sollevata dall'ufficio delle Entrate sulla base del rilievo che non vi era stato da parte dell'Amministrazione finanziaria il riconoscimento formale del diritto al rimborso.

Fonte: Simone Piermarini Agenzia Entrate.

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