I nodi stanno venendo al pettine. Sul coordinamento fra normativa tributaria, in particolare fra le disposizioni in tema di reddito d'impresa, e principi contabili internazionali, che tante differenti posizioni ha registrato in dottrina, la produzione interpretativa, giorno dopo giorno, si alimenta e cresce. L'ultimo intervento, autorevole, è arrivato da parte dell'Agenzia delle entrate che, con la risoluzione n. 100/E del 16 maggio 2007, ha tracciato, per così dire, la strada maestra, da non abbandonare qualunque sia la questione, il problema applicativo da affrontare.

Principio ispiratore per la determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali è quello di "derivazione" di quest'ultimo dal risultato del conto economico, rettificato in aumento o in diminuzione in base a specifiche disposizioni di legge di natura tributaria. Di altrettanta fondamentale rilevanza è il cosiddetto principio di "neutralità", espressione di un'esigenza ben riconosciuta nella stessa relazione di accompagnamento al Dlgs n. 38/2005: in un contesto in cui alcuni operatori applicheranno gli Ias/Ifrs e altri i principi contabili nazionali, l'imposizione non può dipendere dai diversi criteri di redazione del bilancio d'esercizio.

I due pilastri sono stati ribaditi dall'Amministrazione fiscale, i cui tecnici hanno però messo in evidenza un limite invalicabile all'asservimento integrale al principio di derivazione, in cui ci si imbatte allorché la traduzione contabile di quello che è un caposaldo degli Ias, vale a dire la "prevalenza della sostanza sulla forma" va a scontrarsi con il criterio "formalistico" cui è, invece, informato il Tuir. Ecco che, di fronte a un tale "non coordinamento", gli effetti civilistico-contabili divengono irrilevanti dal punto fiscale.

Il caso esaminato nella risoluzione può, a grandi linee, sintetizzarsi nel modo seguente:

la società istante cedeva, con la formula pro soluto, un portafoglio crediti, rilevando una plusvalenza, pari alla differenza fra il corrispettivo ottenuto dalla cessione e il valore contabile dei crediti ceduti (somma fra il valore nominale dei crediti ceduti e il rateo di interessi maturato alla data di cessione), rilevata nel conto economico dell'esercizio 2004 e, di conseguenza, tassata sia ai fini Ires che ai fini Irap

l'acquirente finanziava l'operazione con l'emissione di titoli, una tranche dei quali, sottoscritta interamente dalla società istante, era subordinata, sia nella corresponsione degli interessi che nel rimborso del capitale, al soddisfacimento dei diritti degli altri creditori dell'operazione.

L'acquisto della tranche junior da parte della società istante, i cui flussi finanziari dipendevano proprio dall'incasso dei crediti ceduti, "attivava" lo Ias 39, in forza del quale un'attività finanziaria (nel caso di specie, i crediti ceduti) va eliminata dal bilancio solo allorchè siano stati trasferiti tutti i rischi e i benefici a essa correlati.

In sede di first time adoption (con effetti sugli esercizi successivi), quindi, i crediti ceduti erano iscritti di nuovo in bilancio, con tutta un'altra serie di conseguenze, patrimoniali e reddituali.

Da qui i dubbi interpretativi: i crediti di nuovo iscritti concorrono alla formazione del plafond cui commisurare l'ammontare delle svalutazioni deducibili? I componenti positivi e negativi di reddito generati dalla nuova contabilizzazione (principalmente, interessi attivi e passivi) hanno rilevanza fiscale?

La risposta dell'Agenzia è stata netta: "dal ripristino dei crediti in bilancio operato dalla società istante non consegue alcun riflesso fiscale, posto che, da un punto di vista tributario la società istante non è titolare dei crediti iscritti".

In tutto quanto all'inizio esposto, trova giustificazione la posizione dell'Amministrazione.

Il generale criterio di competenza fiscale (articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir), in forza del quale per la cessione dei crediti il periodo di competenza è quello in cui "formalisticamente" si stipula il contratto di cessione con il quale si trasferisce la titolarità del diritto di credito, si presenta non coordinato con la descritta impostazione contabile (tipica espressione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma) dettata dagli Ias, "con la conseguenza che il recepimento nella sfera fiscale dell'impostazione seguita sotto il profilo civilistico-contabile (in cui si sostanzia il più volte ricordato principio di "derivazione") non può in tal caso avere luogo, in considerazione della mancanza nell'attuale ordinamento di una previsione che riconosca rilevanza fiscale alla circostanza (sostanziale) del trasferimento dei rischi e dei benefici tra le parti".

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