La Corte costituzionale non muta orientamento: nessuna illegittimità dell’articolo 10 del Tuir, nella parte in cui non prevede, ai fini Irpef, la deducibilità dal reddito imponibile dell’assegno corrisposto al coniuge in unica soluzione (non destinato al mantenimento dei figli), in conseguenza dello scioglimento, dell’annullamento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, così come, al contrario, fa per gli assegni periodici della stessa natura.

Le motivazioni prospettate dalla Ctp rimettente non sono risultati tali da indurre i giudici della Consulta a cambiare idea rispetto a quanto dagli stessi già affermato nell’ordinanza n. 383/2001.

La tesi portata avanti dalla Commissione tributaria della perfetta equivalenza tra il pagamento tramite un assegno periodico e quello tramite un assegno corrisposto in unica soluzione è, per la Corte, errata. Le due forme di adempimento, pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dalla cessazione del vincolo matrimoniale, hanno connotazioni giuridiche diverse, tali da legittimare il legislatore a prevedere, nella sua discrezionalità, diversi regimi fiscali.

Infatti, mentre l’assegno periodico è determinato dal giudice in base ai parametri indicati dall’articolo 5, comma 6, della legge n. 898/1970, con possibilità di revisione, l’assegno versato una tantum non corrisponde necessariamente alla capitalizzazione dell’assegno periodico, ma è liberamente concordato dalle parti, con soggezione al controllo di equità da parte del giudice, al fine di fissare un definitivo assetto degli interessi patrimoniali dei coniugi, tale da precludere ogni successiva domanda di contenuto economico (articolo 5, comma 8, della legge 898/1970).

Tali differenze, che hanno indotto gran parte della dottrina e della giurisprudenza ad attribuire all’accordo per il pagamento una tantum una peculiare natura “transattiva” o “novativa”, oltre che “aleatoria”, sono state ragionevolmente prese in considerazione dal legislatore tributario nella disciplina della deducibilità di tali assegni dall’imponibile Irpef. Questi, infatti, nel caso di corresponsione di un capitale una tantum, sicuramente di importo maggiore di un assegno periodico, ha preferito tutelare l’accipiens (il coniuge economicamente più debole che, ex articolo 5, comma 6, della legge n. 898/1970, non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive) non assoggettandolo a tassazione per il relativo importo, lasciando simmetricamente immutato l’ordinario carico fiscale del solvens, senza prevedere, quindi, alcuna deduzione per tale esborso.

Lo stesso legislatore, nel caso degli assegni periodici, ha invece ritenuto di assimilarli ai redditi di lavoro dipendente, assoggettandoli a tassazione in capo al coniuge che li percepisce e, al fine di evitare doppie imposizioni, li ha considerati oneri deducibili da parte del coniuge che li corrisponde; ciò in ragione sia della loro periodicità (e, quindi, della loro pertinenza a più periodi d’imposta), sia della possibilità di una loro revisione economica per sopraggiunti giustificati motivi.

Data la diversità delle evidenziate situazioni giuridiche e di fatto, la discrezionalità del legislatore, circa l’individuazione dei casi di deducibilità di oneri e spese dal reddito imponibile del solvens, è stata esercitata al fine di perseguire finalità sociali di tutela differenziata dei coniugi, tenendo conto della diversità delle situazioni.

L’accoglimento della sollevata questione di illegittimità costituzionale aggraverebbe, poi, la denunciata disincentivazione dell’istituto della corresponsione una tantum dell’assegno, perché il carico fiscale, concentrato in un unico periodo d’imposta, verrebbe trasferito all’accipiens e quest’ultimo, date la progressività dell’Irpef e l’assenza di un regime di tassazione separata per la somma così percepita in unica soluzione, si vedrebbe assoggettato ad aliquote marginali d’imposta superiori a quelle applicabili, in una pluralità di periodi d’imposta, con gli assegni periodici.

Alla dichiarazione di manifesta infondatezza della questione concernente l’articolo 10, comma 1, lettera c), è conseguita identica pronuncia riguardo l’altra questione, sollevata contestualmente dalla Ctp rimettente, concernente l’articolo 47, comma 1, lettera i), del Dpr n. 917/86, nella parte in cui non comprende, tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, l’importo del predetto assegno percepito dal coniuge.

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