Per la Corte di cassazione - sentenza n. 22021 del 22 giugno 2006 (depositata il 13 ottobre 2006) - se è vero che sono ammortizzabili i beni pluriennali di produzione del reddito soggetti a logorio fisico o economico, per i quali si rende necessaria, in tempi più o meno lunghi, una periodica sostituzione, i quadri esposti in un albergo costituiscono una forma di investimento patrimoniale, non soggetti a logorio economico, a causa del decorso del tempo, ma piuttosto a una rivalutazione.
Il processo
Con avviso di accertamento Irpeg-Ilor, per l’anno 1987, l’ufficio Imposte dirette di Fidenza rettificava il reddito imponibile di una Srl riprendendo a tassazione, fra l’altro, gli ammortamenti relativi a dei quadri.Il ricorso proposto dalla società contribuente era parzialmente accolto dalla Commissione tributaria di primo grado.La Ctr riformava tale decisione, accogliendo l'appello del contribuente.L’ufficio ricorreva in Commissione tributaria centrale, la quale accoglieva il ricorso annullando la decisione impugnata, assumendo, in merito al recupero dei costi, che i quadri non potevano essere ammortizzati perché - quantunque l'albergo fosse a 4 stelle - si trattava di beni non soggetti a consumo o deperimento.La società ha ricorso in Cassazione per violazione degli articoli 71 del Dpr n. 597/1973, 74 del Dpr n. 917/1986, 36 del Dpr n. 42/1988, e per vizio di omessa - insufficiente motivazione, posto che non era necessario che un bene fosse deperibile per essere ammortizzabile, mentre il concetto di deperibilità ricomprendeva tutto ciò che - anche indirettamente - era funzionale allo scopo sociale; di fatto, quindi, i quadri che adornavano le pareti dell’albergo e di alto standard qualitativo rappresentavano costi pluriennali di produzione del reddito e non un investimento speculativo.
I motivi della decisione
I giudici, sul punto specifico, hanno ritenuto infondata la censura relativa alla pretesa ammortizzabilità del costo dei dipinti di arredo delle pareti dell'albergo, asseritamene rivolti a valorizzare il bene aziendale in funzione del target di clientela servita.La Corte ha precisato, in apertura, che “l'ammortamento è processo tecnico contabile che serve a calcolare il consumo subito dai beni strumentali destinati all'esercizio della impresa i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali”, e che, pertanto, è necessario “che si tratti di beni suscettibili di deperimento e consumo dopo un certo numero di anni sì da necessitare sostituzione quando non risultino più funzionali allo scopo per il quale sono stati acquistati”.Dal reddito d'impresa sono infatti deducibili “le quote d'ammortamento dei beni che sono utilizzabili per un limitato periodo di tempo, in quanto soggetti a logorio fisico o logorio economico (correlato, cioè, a necessità di sostituzione per superamenti di natura commerciale o tecnica), tanto è che la disciplina fiscale dei diversi coefficienti di ammortamento tiene espressamente conto dell'effettivo tasso di usura a cui sono soggetti i beni strumentali in relazione all'impiego a cui vengono singolarmente destinati”.I quadri, invece, “non perdono il loro pregio nel tempo fornendo l'utilità cui sono mirati (ma semmai lo incrementano) donde i costi di acquisto non si vede come possano essere inclusi tra quelli pluriennali di produzione del reddito e non piuttosto considerati tra gli investimenti patrimoniali della società come correttamente ritenuto dall'ufficio e convalidato in tutti i precorsi gradi di merito dai giudici tributari”.
Nota
La sentenza opera un preciso distinguo tra spese ammortizzabili e spese pluriennali.Se è vero che sono deducibili, ai fini della determinazione del reddito di impresa, le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali per l'esercizio dell'impresa, per compensare il deperimento che il bene subisce, per un quadro, pur se – in astratto – potrebbe essere ipotizzabile un processo di deperimento, dovuto magari all’errata esposizione di luce, in linea di massima, il suo valore, con il passare del tempo, aumenta e non diminuisce; da qui la collocazione nell’ambito dei costi a utilità pluriennale.L’inquadramento nell’ambito dei costi a utilità pluriennale, secondo la posizione assunta dalla Corte di cassazione, sembra più corretto, atteso che per la predisposizione di un piano di ammortamento è necessario considerare sia il valore da ammortizzare (la differenza, cioè, tra il costo dell’immobilizzazione e il suo presumibile valore residuo di realizzo al termine del periodo di vita utile) che la residua possibilità di utilizzazione, che non è legata alla durata fisica del bene, bensì alla sua “durata economica”, ossia al periodo in cui si prevede che il cespite rivestirà una utilità economica per l’impresa.Nel caso di specie – quadri – non ci sono, invece, le condizioni per poter stimare, tra l’altro, il deterioramento fisico legato al trascorrere del tempo, del grado e condizioni di utilizzo, posto che – magari – alla morte del pittore il quadro aumenta di valore, divenendo un vero e proprio investimento patrimoniale.

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